LIBRO E MOSTRA Gli occhi
della guerra
Gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage in prima linea. Per questo gli occhi della guerra diventano il titolo di un libro fotografico. Un libro per raccontare, con immagini e sguardi fugaci, 25 anni di servizi dai fronti più caldi del mondo.
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REPORTAGE
Crimini di guerra
dimenticati
sulle isole croate
OSSERO (Croazia) - “Papà era podestà e mia sorella gli dava una mano in Comune. I partigiani avevano occupato la nostra casa ad Ossero. Ero una bambina, ma ricordo che mio padre raccontava dei soldati italiani prigionieri ammazzati dietro il muro del cimitero”. Ernesta Berna, 85 anni, è la più anziana del piccolo centro sull’isola croata di Cherso. Ultima testimone degli orrori sui vinti, che hanno segnato la fine della seconda guerra mondiale. Da queste parti, oggi rinomate località turistiche, Panorama ha scoperto che sono stati compiuti altri terribili eccidi di partigiani anticomunisti e soldati tedeschi fatti a pezzi dopo la resa.
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l'agenzia che raccontava le guerre
Quel nome nasce quasi per scherzo in un pomeriggio dell’estate 1983.
Fausto Biloslavo ed io siamo a casa di Almerigo, prepariamo il nostro primo reportage in Afghanistan. Non lavoriamo per nessuno, non abbiamo accrediti, ci paghiamo quella “vacanza intelligente”, come la chiama Almerigo, con dei lavori di fortuna. Precari diremmo oggi. Siamo tre sconosciuti ragazzi, sognamo di diventare giornalisti infilandoci nel conflitto più importante di quei primi anni 80.
“E se qualcuno ci chiede per chi lavorate?” La domanda gira per la stanza da dieci minuti, i cervelli friggono alla ricerca di un’abbreviazione in grado di confondere le idee...possibilmente in inglese. Metto le mani sul Collins di Almerigo lo sfoglio dalla lettera A. Ci arrivo subito. Albatross suona bene. L’idea di due grandi ali sempre in viaggio, in volo sopra le tempeste del pianeta si lega bene alle iniziali di “press agency” E suona molto simile ad Associated Press o simili .... Per l’Afghanistan è perfetto. Almerigo e Fausto concordano.
Apriamo una società, due mesi dopo partiamo per l’Afghanistan con due cineprese super8 di Almerigo, la mia macchina fotografica Pentax e quella di Fausto. I filmini durano un minuto e mezzo ciascuno e per trasportarne una quantità adeguata c’è bisogno di uno zaino intero.
Quando ad ottobre torniamo in Italia Renato Cepparo, titolare allora della Uvc, una delle più importanti case di produzioni milanesi dell’epoca monta il nostro filmato e riesce a venderne una ventina di minuti alla Cbs negli Stati Uniti. Siamo fra i pochi ad aver portato immagini di bombardamenti e battaglie dall’interno dell’Afghanistan. Il perchè lo capiamo a nostre spese. I 40 giorni di reportage con i mujahedden sono stati un autentico calvario.
Al ritorno Fausto e Almerigo s’accomodano direttamente alla sezione infettivi dell’ospedale con addosso un’epatite virale perniciosa. Io consumato per quaranta giorni dalla dissenteria ho perso quasi venti chili. Mia madre quando vede quello scheletro con la barba manco lo riconosce.
L’Albatross Press Agency nasce grazie ai soldi guadagnati con quel viaggio di stenti. Per quattro anni vola sempre più in alto. Torniamo e ripartiamo battendo tutte le guerre dimenticate degli anni 80, soddisfando quasi sempre le richieste di quei network americani che ci pagavano in dollari e pronta cassa, ma pretendono sempre il “bang bang”, il sangue l’azione. Collaboriamo spesso con un gruppo di free-lance inglesi matti, coraggiosi e professionali come Peter Jouvenal, Rory Peck , Tim Lambon. Partiamo da soli o in coppia, senza assicurazione e con la sola garanzia di un “right of first choice” (diritto di prima scelta delle immagini) acquistato dai nostri clienti americani o inglesi allungandoci qualche migliaio di dollari.
Una volta in Italia riversiamo il filmato in telecinema trasferendo le immagini dalla pellicola a quelle enormi pizze elettroniche da un pollice usate al tempo. Poi partiamo per Parigi, Londra, Amburgo, Copenaghen, Oslo, Stoccolma. Vendiamo porta a porta, al miglior offerente, facendo la spola tra redazioni e studi televisivi.
A Londra abbiamo un ufficio messoci a disposizione da Michael Cecil, rampollo di un’importante e blasonata famiglia inglese appassionato di giornalismo. In quei primi anni i nostri filmati vanno in onda soprattutto sulle televisioni straniere.
In Italia siamo più conosciuti per le foto e gli articoli pubblicati su Panorama, Europeo, Avvenire, Il Sabato e tutte le altre più importanti testate.
La svolta arriva alla fine del 1985. L’allora capo redattore esteri del Tg 1 da Rino Cervone scopre i nostri filmati e la Rai incomincia a metterci in onda. Nel 1987 siamo al massimo del successo, abbiamo clienti in tutta Europa e negli Stati Uniti, nell’ambiente ci chiamano “the crazy italians”. Non hanno torto. Il nostro lavoro è basato sugli scoop in territori ad alto rischio. E non può andare sempre bene.
Il 19 maggio 1987 Almerigo Grilz cade mentre filma l’assalto di una colonna della Renamo alla città mozambicana di Caia, difesa da reparti di paracadutisti zimbabwiani. Una pallottola lo centra alla nuca, lui muore sul colpo. I guerriglieri lo seppeliscono in una località sconosciuta. Michael Cecil che al momento dell’incidente è con lui porta la notizia in Italia due settimane dopo, quando riesce ad uscire dal Mozambico in guerra.
Io e Fausto decidiamo di ripartire subito. Il primo viaggio tocca a lui. Nell’estate del 1987 raggiunge la valle del Pansheer dove il comandante Massoud prepara una delle più importanti offensive prima dell’inverno. Fausto gira delle immagini esclusive, ma non riesce a portarle indietro. Sulla strada del ritorno viene catturato dalle forze governative filo sovietiche, condannato nel corso di un processo farsa a sette anni di galera e liberato dopo una difficile trattativa nel giugno del 1988.
L’Albatross sviluppa grazie ad Elisabetta Ponzone un settore fotografico e avvia con altri collaboratori la produzione di documentari e reportage non strettamente bellici. Per Fausto Biloslavo e Gian Micalessin l’attività principale resta il reportage di guerra. Gli incidenti sono sempre in agguato. Nel gennaio 1989 Fausto Biloslavo viene investito da un camion sovietico mentre segue il ritiro russo da Kabul, sopravvive per miracolo e resta a lungo bloccato in ospedale.
Gian Micalessin porta l’agenzia negli anni 90, ma la caduta del muro di Berlino e l’avvento del satellite segnano la fine dell’avventura. Le guerre dimenticate raccontate seguendo per settimane colonne di guerriglieri nelle zone più remote e inaccessibili del pianeta non sono più un genere vendibile. La televisione vuole l’immediatezza del rapporto in diretta via satellite. Le immagini vecchie di alcune settimane diventano inesorabilmente obsolete e invendibili. Le tecnologie in quel periodo di transizione sono costosissime e fuori dalla portata di un agenzia che negli anni ha sopportato crisi gravissime.
L’agenzia italiana che racconta le guerre si scioglie alla metà degli anni novanta.
Fausto Biloslavo e Gian Micalessin ne continuano individualmente il cammino.

Gian Micalessin

i fondatori dell'agenzia
Almerigo
Grilz
Gian
Micalessin
Fausto
Biloslavo
il libro con le
migliori foto dell'Albatross




Le migliori immagini di guerra dell’Albatross Press Agency. Il filmato usato negli anni 80 e 90 per presentare il lavoro dei fondatori e dei collaboratori italiani e stranieri dell’agenzia.




L’ultima foto di Almerigo Grilz, Fausto Biloslavo e Gian Micalessin. Viene scattata la domenica di Pasqua del 1987 a Trieste, prima della partenza di “Ruga” per il suo ultimo reportage in Mozambico.