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Intervista esclusiva
10 settembre 2011 - Esteri - Afghanistan - Il Giornale |
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"La guerra a Kabul ha protetto l'Italia" |
«Quando il primo aereo colpì una delle Torri Gemelle pensai ad un terribile incidente, ma poi arrivò il secondo e ho capito subito che in Afghanistan sarebbe cambiato tutto». Zalmai Rassoul, ministro degli Esteri di Kabul, ricorda così l'11 settembre in un'intervista esclusiva a Il Giornale . Nel 2001 viveva in esilio a Roma, a fianco dell'ex re afghano Zahir Shah. Dieci anni dopo l'Afghanistan e la Nato stanno vincendo o perdendo la guerra contro il terrorismo? «Penso che stiamo vincendo, ma non completamente. Nel 2001 il mio Paese era veramente ground zero, ma abbiamo fondato uno Stato, scritto una Costituzione ed eletto un Parlamento. Oltre 7 milioni di studenti vanno a scuola e quasi il 40% sono ragazze. Non è mai successo nella storia afghana. Rimangono, però, ancora delle sfide da vincere. A cominciare dal fatto che non abbiamo sconfitto del tutto gli estremisti e i terroristi in Afghanistan e nella regione». Cosa abbiamo sbagliato? «La comunità internazionale si è focalizzata sull'Afghanistan come fonte del terrorismo. Non è così. Il terrorismo è stato importato da un Paese vicino. In contemporanea la guerra in Irak ha attirato risorse e uomini in un momento cruciale per l'Afghanistan». Osama Bin Laden è stato scoperto e ucciso in Pakistan. Da questo Paese viene importato il terrorismo? «La fonte del terrorismo è indubbiamente oltre i nostri confini nelle aree tribali come il Waziristan e il Bajur. Per questo motivo stiamo cercando di convincere i pachistani a fare di più, non solo per l'Afghanistan, ma per il destino del loro Paese. Se la questione non sarà affrontata seriamente temo che la lotta contro il terrorismo fallirà». È favorevole ai negoziati con i talebani? «La vittoria delle guerre convenzionali di un tempo è impensabile. In questi 10 anni abbiamo capito che il solo uso della forza non è sufficiente. Dobbiamo trovare una soluzione politica accettabile. Per noi ci sono delle linee rosse invalicabili: rispetto della Costituzione e dei diritti umani, in particolare quelli delle donne. Chiunque accetti questi principi può partecipare allo sviluppo politico dell'Afghanistan». Significa che i talebani potrebbero presentarsi alle elezioni? «Perché no se accettano le condizioni fondamentali? Ovviamente stiamo parlando di chi non ha commesso crimini di guerra contro gli afghani. Per la maggioranza (dei talebani) basta che taglino i legami con Al Qaida, abbassino le armi e saranno i benvenuti». Dopo dieci anni di guerra la comunità internazionale punta ad un'exit strategy oppure è una fuga dall'Afghanistan? «Penso che si tratti di una strategia normale. Nessun Paese vuole venir difeso per sempre da truppe straniere e nessuna nazione intende ricoprire questo ruolo in eterno. Sta iniziando la transizione, ovvero il passaggio di consegne alle forze afghane. Da adesso alla fine del 2014 tutto il Paese dovrà essere sotto il nostro controllo. Per raggiungere questo obiettivo abbiamo bisogno di addestramento appropriato. Basta investire nella preparazione dei soldati afghani venti centesimi di ogni dollaro speso per la presenza militare internazionale in Afghanistan». L'Italia dal 2001 ha rischiato di venir attaccata in patria dai terroristi, come accadde l'11 settembre agli Usa? «Non posso scendere in dettagli, ma sono state affrontate molte minacce di cellule terroristiche contro l'Europa e l'Italia. Vi posso garantire che la presenza militare in Afghanistan è servita a proteggervi da queste minacce ». Quale potrebbe essere il futuro ruolo italiano? «Quando i nostri soldati combattono assieme ai vostri e mescolano il sangue versato il legame è più forte di qualsiasi relazione diplomatica. Manterremo rapporti nel campo della sicurezza a cominciare dall'addestramento e nello scambio di intelligence. Però puntiamo anche sugli investimenti italiani in Afghanistan. Vogliamo che il vostro Paese partecipi alle esplorazioni per lo sfruttamento del petrolio, del gas, delle risorse minerarie, ma investa pure nel settore del marmo e nell'agricoltura. Le porte sono aperte». Per Kabul l'Iran è un alleato o una minaccia? «Prima di tutto è un grande e potente Paese confinante. Abbiamo buone relazioni che si basano sulla non ingerenza. Siamo sempre stati chiari con gli occidentali: non pagheremo il prezzo dei problemi di altri». Come giudica le rivolte nei Paesi arabi? «Qualsiasi rivolta realmente popolare va rispettata, ma auspico che sia non violenta. Non vogliamo che scelgano la via afghana». Nel 2014, quando dovrete assumere il controllo della sicurezza in tutto il Paese sarete pronti? «Dovremo esserlo, non abbiamo scelta. Questo conflitto dura da un decennio e ogni giorno muoiono da 10 a 30 afghani. La transizione è irreversibile. Se non avrà successo vorrà dire che perderemo la guerra». www.faustobiloslavo.eu |
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12 aprile 2010 | Porta a porta | reportage
Duello senza peli sulla lingua con Strada
Gioco sporco e tinto di giallo sulla sorte dei tre volontari italiani di Emergency in manette con l’accusa di essere coinvolti in un complotto talebano per uccidere il governatore della provincia afghana di Helmand. Opsiti di punta: il ministro degli Esteri Franco Frattini , Piero Fassino del Pd e Gino Strada, fondatore di Emergency
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29 luglio 2015 | Sky Tg24 | reportage
Omar il fantasma
“Mullah Omar, il capo dei talebani, è morto nel 2013” rivela il governo di Kabul, ma sulla sua fine aleggia il mistero. Il leader guercio dei tagliagole afghani, dato per morto tante volte, è sempre “resuscitato”. Questa volta, per Omar il fantasma, potrebbe essere diverso. Abdul Hassib Seddiqi, portavoce dell’Nds, l’intelligence di Kabul ha sostenuto in un’intervista al New York Times che l’imprendibile mullah “è morto due anni fa in un ospedale alla periferia di Karachi, città pachistana”. Sicuramente l’Isi, il potente servizio segreto militare di Islamabad, aveva idea di dove fosse. Non è escluso che il capo dei talebani sia stato un sorvegliato speciale, praticamente agli arresti domiciliari, a Qetta, capoluogo della provincia pachistana del Baluchistan al confine con l’Afghanistan. Un ex ministro dei talebani ha dichiarato ieri, in cambio dell’anonimato, che il mullah “è morto due anni e 4 mesi fa di tubercolosi e poi sepolto in Afghanistan” in gran segreto.
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13 giugno 2010 | Memoria audiovisivi | reportage
Professione Difesa
I giornalisti aggregati alle unità combattenti nei teatri più difficili, come l'Afghanistan. Un video sul giornalismo embedded realizzato da Antonello Tiracchia. E il racconto della mia storia: l'avventura dell'Albatross, la morte in prima linea di Almerigo ed i reportage di guerra.
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14 luglio 2011 | Nuova Spazio Radio | intervento |
Afghanistan
Si può vincere questa guerra?
Dopo la morte in combattimento dell'ultimo parà della Folgore, fino a quanto dovremo restare in Afghanistan? Almeno fino a quando gli afghani riusciranno a garantirsi da soli la sicurezza, altrimenti caliamo le braghe e la diamo vinta ai talebani. Per sconfiggerli non basta la forza delle armi.
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