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Reportage
02 novembre 2011 - Fatti - Italia - Panorama |
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Nel paese virtuoso dove non si evade il fisco |
“Penso di essere l’unico barbiere che fa tutte le ricevute, non solo a San Michele ma nell’intero Nord Italia. E adesso salta fuori che siamo il comune più fedele al fisco del Paese? Allora ci prenderanno per mona...”. Scherza, ma non troppo, Rossano Gobbato mentre sforbicia i capelli a un cliente. San Michele al Tagliamento, 12.080 anime, il comune più a est del Veneto, ha appena conquistato una medaglia. Secondo una ricerca pubblicata dal Sole 24 ore, risulta l’ultimo della lista nera dell’infedeltà al fisco. In pratica è il comune italiano con il 99,8 per cento della popolazione che presenta regolarmente la dichiarazione dei redditi. I potenziali evasori sono solo 18. Nel piccolo comune in provincia di Venezia, sulla riva destra del fiume Tagliamento, si presentano prima con il cognome e poi con il nome. Se vivono a 2 chilometri dal centro, ti dicono “non sono di San Michele”, ma di una delle frazioni o vie periferiche. Il sindaco, Pasqualino Codognotto, è un vigile urbano in aspettativa e va orgoglioso del primato: “In questo momento di crisi è ancora più nobile fare il proprio dovere presentando la dichiarazione dei redditi. Se ci imitassero tutti, forse si riuscirebbe a pagare meno tasse e a risollevare il Paese”. Al bar Italia, che si affaccia sulla piazza centrale, preparano il caffè ai clienti e ci versano pure lo zucchero conoscendo le abitudini di tutti. “Sono felice che non siamo come tanti furbetti, ma ho preso una botta di tasse quest’anno. Spero che qualcosa resti anche a noi e non vada solo a Roma” sottolinea Gianni Sutto, il gestore del bar. Baffi e pizzetto alla Frank Zappa, si lamenta di vu’ cumprà e napoletani del Cocco bello, “evasori totali” sulle spiagge di Bibione. La località balneare è la frazione più preziosa di San Michele al Tagliamento. D’estate passa da 2.500 abitanti a 150mila grazie ai turisti. Le spiagge, però, sono invase da immigrati che vendono “20 mila asciugamani a stagione in nero”, secondo il barista amante del rock. Per non parlare dei clan meridionali che fra gli ombrelloni piazzano fette fresche di cocco senza rilasciare alcuno scontrino fiscale. Per i turisti tedeschi la segnaletica che indica il municipio è bilingue. San Michele venne fondato nel 1807 grazie a un decreto di Napoleone. Durante la Prima guerra mondiale serviva a smistare le truppe per lo scannatoio del Carso. Nel 1944 il comune fu raso al suolo perchè gli alleati dovevano distruggere i ponti strategici sul Tagliamento. Fra gli ospiti illustri del passato spicca Ernest Hemingway, che grazie a un’amante del posto andava a caccia e a pesca lungo il fiume. Il mercato del sabato è una tradizione. Clara Colusso, 60 anni, ci viene ogni settimana per “cimitero e verdura”, ovvero un mazzo di fiori freschi da portare ai parenti che non ci sono più e l’insalata per pranzo. La signora sessantenne con i capelli rossi scoppia a ridere quando il cronista l’informa che San Michele è il comune più fedele all’Irpef d’Italia. “Non lo sapevo” spiega. “Si vede che i nostri genitori ci hanno tirato su bene”. Massimiliano Catto, un giovane con la figlia piccola in braccio, fa una battuta: “Purtroppo ci sono pure io nel 99,8 per cento che presenta la dichiarazione dei redditi. Le tasse, però, bisognerebbe tagliarle”. Arrigo Cicuttini, insegnante in pensione, è sicuro che i 18 furbetti sospettati di evasione “sono i soliti finti poveri che godono di tutte le esenzioni, ma hanno due case”. A San Michele l’ètà media è altina (46 anni) e le morti superano le nascite. Nello Gobbato, che presiede la casa di riposo, assicura: “Nel periodo della dichiarazione dei redditi ci sono le file fuori dai patronati per farsela compilare”. In piazza Libertà, dove i parcheggi superano le automobili, le mamme sfrecciano in bicicletta con i bambini piccoli dietro. Nella panetteria, Roberta Antonini, capelli a caschetto e occhi verdi, risponde stupita dalla domanda: “Ovvio che faccio sempre lo scontrino. E’ previsto per legge”. Nel municipio bianco e un po’ avveniristico l’assessore al Bilancio, eletto in maggio con la lista civica Idea comune, è inflessibile sui 18 sospetti infedeli, probabilmente anziani: appena lo 0,2 per cento della popolazione che non presenterebbe la dichiarazione dei redditi. “Pochi o tanti che siano si tratta di cittadini fantasma” garantisce Gianfranco Nuzzo “che non hanno il senso della comunità e dello Stato. Tutti devono fare la loro parte”. Francesca Potente, impegnata nel sociale, gli fa eco: “La nostra onestà deriva dal mondo contadino e dalla storia difficile di queste terre. Il vero benessere è iniziato solo negli anni Settanta con Bibione”. Il 20-30 per cento della popolazione lavora con la stagione del turismo. Sandra e Daniele hanno un chiosco sulla spiaggia da 23 anni e una visione realistica. “La denuncia dei redditi la presentano tutti, ma poi quanto si dichiara è un altro piano di maniche” fa notare la coppia. “La pressione fiscale è troppo alata, come i costi della politica”. La scorsa estate dei turisti milanesi si stupivano che Daniele facesse lo scontrino pure per un caffè. “Nel Sud erano andati a mangiare in cinque al ristorante e neppure ci pensavano a portare la ricevuta fiscale” racconta il gestore del chiosco. Bagnini, camerieri, operai che lavorano durante la stagione estiva ricevono un sussidio di disoccupazione invernale di 900 euro al mese. Però nello stesso periodo fanno lavoretti in nero. Secondo Daniele “il comune dovrebbe impiegarli in lavori socialmente utili”. Davanti al municipio sventolano la bandiera italiana, quella europea e il gonfalone di San Marco della Regione Veneto. Sui cartelli d’ingresso a San Michele campeggiano gli adesivi leghisti con Alberto da Giussano, ma il sindaco viene dal centrosinistra. Daniele Massarutto, edicolante, è positivamente stupito dal primato della fedeltà fiscale e si chiede: “Se venissero a mancare il Veneto e la Lombardia chi tira avanti la baracca Italia?”. |
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29 dicembre 2010 | | reportage
Gli occhi della guerra a Trieste
Dopo aver portato la mostra su 25 anni di reportage di guerra in tutta Italia, finalmente il 29 dicembre è stata inaugurata a Trieste, presso la sala espositiva della Parrocchia di Santa Maria Maggiore, via del Collegio 6. Gli occhi della guerra sono dedicati ad Almerigo Grilz e a tutti i giornalisti caduti sul fronte dell'informazione. La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 10 al 20 gennaio. L'evento è stato organizzato dal Circolo universitario Hobbit con la sponsorizzazione della Regione.
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29 dicembre 2011 | SkyTG24 | reportage
Almerigo ricordato 25 anni dopo
Con un bel gesto, che sana tante pelose dimenticanze, il presidente del nostro Ordine,Enzo Iacopino, ricorda davanti al premier Mario Monti, Almerigo Grilz primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 19 maggio 1987 in Mozambico.
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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo
TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso.
Cosa ricorda di questa discesa all’inferno?
“Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”.
Dove ha trovato la forza?
“Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”.
Gli operatori sanitari dell’ospedale?
“Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”.
Il momento che non dimenticherà mai?
“Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”.
Come ha recuperato le forze?
“Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”.
Come è stato infettato?
“Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”.
E la sua famiglia?
“Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”.
Ha pensato di non farcela?
“Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.
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radio
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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento |
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea.
Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.
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