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Articolo
10 giugno 2012 - Esteri - Libia - Il Giornale
In prigione a Bengasi i 19 pescatori di Mazara
«Violenze non ne abbiamo subite, ma ci hanno portato in carcere dove certo non si sta bene. Siano solo onesti pescato­ri e non abbiamo fatto nulla di male. Ci avevano detto che saremmo stati liberati entro le 12 (di ieri, nda) e invece...» spiega con voce mesta al Giornale Pietro Russo, comandante di uno dei tre pescherecci italiani sequestrati dai libici giovedì sera. Lo abbiamo raggiunto via telefono nella prigione di Bengasi. «Non abbandonate­ci, non dimenticateci. Il console è qui con noi e sta facendo il possibile, ma secondo me ci vorrebbe un intervento del governo da Roma» è l'appello del comandante di Mazara Del Vallo.
Sembrava che tutto dovesse risolversi in poche ore, ma ieri i 19 membri dell' equipaggio dei pescherecci 'Boccia II', 'Antonino Sirrato' e 'Maestrale', com­presi 7 tunisini, sono stati trasferiti in car­cere. Ufficialmente in stato di fermo in at­tesa
di un interrogatorio, che dovrebbe avvenire oggi.
In realtà ci sarebbero nuove accuse. Non solo: la tensione nel porto di Bengasi stava salendo con i colleghi libici che im­putavano
gli italiani di «rubare il nostro pesce». L'incidente è il terzo episodio di una specie di «guerra» fra Italia e Libia. In novembre erano stati sequestrati due pe­sc­herecci mazaresi a Misurata e una setti­mana prima un altro a Tripoli. La nuova Libia sembra che adotti ancora la vecchia legge del colonnello Gheddafi, che esten­deva le acque libiche a 72 miglia, mentre dovrebbero essere 12.
«Eravamo a 35 miglia, in acque interna­zionali, quando ci hanno abbordato- rac­conta il comandante Russo - . È stato drammatico. Erano armati di lanciarazzi e bombe a mano. Abbiamo avuto vera­mente paura. Scene del genere le aveva­mo viste solo in tv». Con i pescatori c'è il console italiano a Bengasi, Guido De San­tis, che smorza la tensione con una battu­ta: «Sono con loro all'ora d'aria, ma non mi hanno ancora dato il pigiama a righe». Veterano degli stravolgimenti libici è fidu­cioso «che non si arrivi ad un processo». La Farnesina auspica «una rapida solu­zione ». Prima, però, i militari devono in­terrogare gli equipaggi e passare il caso al­le autorità civili. I 19 pescatori si trovano in una sezione del carcere diversa da quel­la
dei criminali incalliti.
Fa un po' rabbia che dopo aver bombar­dato Gheddafi i nostri «alleati» ci trattino a pesci in faccia sbattendo in galera degli italiani grazie a vecchie leggi del Colon­nello. Sempre che non ci sia sotto qualcos' altro. Luca Bellotti, parlamentare Pdl, in Libia per incontri politici, ha raggiunto i pescatori a Bengasi poche ore dopo il se­questro. «Sono andato a salutarli alle 9 (di ieri nda), prima di rientrare a Tripoli ­spiega Bellotti al
Giornale - . Sembrava che ci si avviasse verso la liberazione, ma poi sono saltate fuori nuove accuse». Il parlamentare non si sbilancia, ma sem­bra che per i libici non si tratti solo di viola­zione di acque territoriali. O forse è una mossa dimostrativa della«guerra»del pe­sce.
Gli altri comandanti dietro le sbarre so­no Gaspa­re Castano del Maestrale e Fran­cesco Di Giovanni del Serrato. «Ci hanno sequestrato i cellulari e riusciamo a co­municare solo grazie al console- dice il ca­pitano del Boccia II dal carcere di Bengasi - . Noi speriamo di venir rilasciati presto, se non ci dimenticate».
[continua]

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