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21 marzo 2019 - Attualità - Bosnia - Il Giornale
Ergastolo a Karadzic, il boia di Srebenica
Fausto Biloslavo
«Ergastolo», quando il giudice ha pronunciato la sentenza, Radovan Karadzic è rimasto impassibile, alla sbarra del Tribunale internazionale de L\'Aja per i crimini nell\'ex Jugoslavia. Volto tirato a 73 anni, il duce dei serbi di Bosnia ha i capelli bianchi con solo la parvenza del ciuffo ribelle di un tempo quando amava presentarsi alle telecamere nel villaggetto di Pale sulle colline di Sarajevo stritolata dall\'assedio.
Il tribunale de L\'Aja è rimasto ancora in piedi solo per condannati eccellenti come Karadzic, che si era già beccato 40 anni di carcere in primo grado, ma ha voluto fare ricorso peggiorando la situazione. Il giudice internazionale, Vagn Prussem Jonsen, ha letto ieri la sentenza respingendo tutte le tesi della difesa. E confermando 11 capi d\'imputazione compresi due per genocidio e 5 per crimini contro l\'umanità. Primo fra tutti il massacro di Sreberencia con 8mila musulmani passati per le armi nell\'estate del 1995 dalle milizie serbo bosniache del general Ratko Mladic, pure lui condannato all\'ergastolo. I legali di Karadzic hanno sostenuto che il loro assistito era all\'oscuro, ma in realtà aveva emanato l\'ordine «di portare i prigionieri da qualche parte».
L\'assedio di Sarajevo è durato quasi quattro anni con oltre 10mila morti. Karadzic era il presidente della Republika Srpska, la parte serba di Bosnia e il suo esercito ha stretto il cerchio attorno alla capitale. Le prime parole del condannato sono state chiare: «La sentenza non ha nulla a che fare con la giustizia». Nella guerra in Bosnia è vero che anche musulmani e croati avevano le mani sporche di sangue, ma all\'Aja hanno pagato soprattutto i serbi. Il verdetto è stato bollato dal presidente odierno dei serbi di Bosnia, Milorad Dodik come «cinico e arrogante. La pacificazione è quasi impossibile». L\'ergastolo suona come l\'ennesima punizione dell\'Occidente inflitta a pochi giorni dal ventesimo anniversario dell\'inizio dei bombardamenti della Nato per difendere il Kosovo.
Karadizic, nato in un villaggio del Montenegro, ha conosciuto suo padre quando aveva 5 anni. Prima era nelle carceri di Tito come cetnico, i partigiani anti comunisti della seconda guerra mondiale. La famiglia si è trasferita a Sarajevo, dove il giovane Radovan ha studiato all\'università. Psichiatra, poeta a tempo perso e compositore di canzoni popolari agli inizi degli anni \'90, Karadzic fonda il Partito democratico serbo bosniaco, ancora adesso una delle principali formazioni.
Il boicottaggio serbo del referendum per l\'indipendenza della Bosnia innesca il conflitto, che lascerà sul terreno dal 1992 al 1995 ben 100mila morti. Dopo la pace di Dayton il piccolo duce serbo resiste un paio d\'anni, ma i mandati di cattura per genocidio lo costringono a sparire. Si nasconde a Belgrado con barbone e capelli lunghi da santone fino all\'arresto nel 2008. Sognava la Grande Serbia, lo aspetta il carcere a vita.
[continua]

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16 luglio 2019 | Tg4 | reportage
Bosnia, Lampedusa terrestre
In Bosnia, una gigantesca Lampedusa terrestre, arrivano un centinaio di migranti al giorno. E si incamminano verso il nostro paese per entrare in Europa 00. 12 - “Non ho documenti. Tutti noi del Bangladesh adesso andiamo in Italia” E prima di affrontare i dieci giorni di viaggio soprattutto a piedi consultano le mappe con i campi minati della guerra nell’ex Yugoslavia Uno dei punti di partenza è questa tendopoli allestita dalle autorità a Vucjak nella Bosnia nord occidentale La croce rossa locale fa quelle che può distribuendo viveri per circa 500 migranti in gran parte pachistani e addirittura nepalesi, che tentano più volte di arrivare a Trieste 00.50 “Sono dell’Afghanistan e sto viaggiando da 4 anni per venire in Europa. Ieri sono stato deportato dalla Slovenia di nuovo in Bosnia” E la tensione è alle stelle con scontri etnici fra i migranti. Secondo la polizia locale sono stati registrati negli ultimi mesi 489 incidenti spesso per soldi o telefonini Soprattutto a Bihac dove i migranti si incontrano per strada 1.23- “Chi ti ha assalito. Chi?” “Penso afghani e pachistani” “Altri migranti?” “Altri migranti” Al campo di Vuciak, che significa tana del lupo, l’acqua arriva con le autopompe. Solo nel cantone di Bihac, sul confine più a nord ovest con la Croazia, ci sarebbero 4500 migranti in 5 centri e altri in sistemazioni private. Li aiutano anche alcune volontarie italiane 1.53 - Mirian Ong delle Acli

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16 luglio 2019 | Quarta repubblica | reportage
I migranti da Sarajevo all'Italia
In Bosnia ci sono ottomila migranti che vogliono passare il confine croato per venire in Italia Si infilano anche di giorno nelle piantagioni di granturco E in campo aperto corrono per non farsi individuare dalle pattuglie della polizia croata che utilizza pure i droni Attraverso la boscaglia, che i migranti chiamano giungla, ci mettono dieci giorni a piedi per raggiungere Trieste Siamo arrivati sul confine europeo della Croazia in mezzo al nulla Fra i 100 e 200 migranti arrivano ogni sera con il treno da Sarajevo nell’imbuto della Bosnia nord occidentale Sono giunti fino a qui lungo la rotta balcanica via Turchia, Grecia, Macedonia e Serbia La polizia federale carica i migranti su un pullman per rimandarli indietro verso la parte serba della Bosnia, ma è una farsa Si incamminano lungo la strada asfaltata… e spariscono…. il giorno dopo riprendono il cammino verso i campi di accoglienza del cantone di Bihac vicini al confine croato A Vuciak, che significa tana del lupo, è stata montata una tendopoli Sono in 500, soprattutto pachistani e bengalesi, che non scappano dalle guerre come questo gruppetto Gli scontri fra migranti, per soldi o telefonini, sono all’ordine del giorno La Bosnia nord occidentale è una grande Lampedusa terrestre dove sono passati dal 2017 20mila migranti illegali diretti in Europa E la popolazione è esasperata Il “gioco” così i migranti chiamano il viaggio clandestino dalla Bosnia Ogni giorno escono dai campi con zaino e sacco a pelo e si dirigono alla stazione degli autobus L’autista compiacente che ha fatto pagare il biglietto il doppio scarica i migranti all’incrocio per la Croazia A ridosso del confine si fermano e si nascondono nelle case abbandonate Si muovono soprattutto con il buio grazie ai percorsi su Google map inviati via telefonino da chi ce l’ha fatta ma solo il 10% passa al primo tentativo. I croati li intercettano con le camere termiche, li pestano e rimandano in Bosnia dopo averli sequestrato anche le scarpe E i migranti ritentano il gioco dell’oca anche venti volte fino a quando non arrivano a Trieste

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08 aprile 2015 | TG5 | reportage
Bandiere nere in Bosnia e minacce al Papa
In Bosnia, ad un passo dall’Italia, sventolano le bandiere nere dell’Islam che ricordano quelle dei tagliagole che combattono in Siria. Sperduti fra boschi e colline non sono pochi i villaggi roccaforti dei salafiti, come Osve dove sembra di vivere in un emirato talebano con le donne coperte dalla testa ai piedi. Fra le case di Osve, una volta villaggio serbo, sventola la bandiera nera. Il figlio di Hamdo, Emrah Fojnica, si è fatto saltare in aria a 23 anni. Assieme a lui sarebbero partiti da quest’area una ventina di mujaheddin. Per raggiungere i villaggi roccaforte degli estremisti bisogna percorrere strade neppure segnate sulle mappe. Il rappresentante di Gornja Maoca spiega così la presenza delle bandiere nere. Secondo Edis Bosnic, barbone islamico d’ordinanza, ”la bandiera e la scritta è una testimonianza di fede che dice "Non c'è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta”. Peccato, però, che sia anche il vessillo usato dai tagliagole. I bambini giocano con i kalaschnikov di legno. Da queste case è partito per la Siria, uno dei leader dei combattenti bosniaci, Nusret Imamovic, sulla lista nera americana dei terroristi. Dragan Lukac, il ministro dell’interno della Repubblica serba in Bosnia, lancia l’allarme: Abbiamo delle informazioni su possibili minacce dei radicali islamici per la visita del Papa, il 6 giugno, ci sono commenti on line sul fatto che non ha nulla a che fare con Sarajevo - rivela il ministro - convinto, però, che la polizia bosniaca garantirà la massima sicurezza alla visita. Husein Bosnic detto Bilal è sotto processo a Sarajevo con l’accusa di arruolare i volontari della guerra santa che dall’Europa, compresa l’Italia, vanno a combattere in Siria. E non solo....

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