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Reportage
14 luglio 2019 - Interni - Bosnia - Il Giornale
Guardie e droni inutili: i migranti entrano da Est
Fausto Biloslavo
Sturlic (Bosnia)
I pachistani in fila indiana si infilano nel campo di pannocchie, alte come una persona, per non farsi vedere dalle pattuglie croate oltre confine. Omar Faruk, cuoco di professione, che vuole arrivare in Italia per proseguire verso la Spagna, li guida come uno scout in battaglia. «Fra noi c\\\\\\\\\\\\\\\'è chi ha già provato a passare una decina di volte, ma non molliamo» racconta Faruk avanzando verso il confine vicino al villaggio di Sturlic, nella Bosnia nord occidentale diventata un crocevia dei migranti con capolinea Trieste. 
Il sole è a picco, ma i migranti tentano la sorte soprattutto di notte. Negli spazi aperti i pachistani corrono nella speranza di non farsi vedere dagli agenti croati che hanno schierato sul confine droni, camere termiche e visori notturni, come in guerra. A pochi passi dalla frontiera la colonna si infila di nuovo nella vegetazione verde intenso alta come un uomo, che chiamano «la giungla». Un fiumiciattolo con l\\\\\\\\\\\\\\\'acqua che arriva fino al petto segna la frontiera non solo con la Croazia, ma l\\\\\\\\\\\\\\\'agognata Unione europea. I migranti si acquattano nella boscaglia e parlano sotto voce. «Staremo fermi per 3-4 ore aspettando che la polizia se ne vada e poi passiamo il confine», sussurra Faruk.
Poco importa se la stragrande maggioranza del gruppo di pachistani, a parte un ragazzino minorenne che vuole raggiungere i parenti in Germania, non ha alcun diritto all\\\\\\\\\\\\\\\'asilo. «Mio fratello è da 15 anni in Veneto. Fino al 2017 lavoravo con lui a Mestre. Poi sono tornato in Pakistan e mi è scaduto il permesso di soggiorno. Adesso voglio tornare», spiega candidamente Hissan Mohammed. La «base» dei pachistani è una casa abbandonata in mattoni rossi a un chilometro dal confine. All\\\\\\\\\\\\\\\'ombra di un albero giocano a carte per ingannare l\\\\\\\\\\\\\\\'attesa. Mohammed, smilzo e con un cappello da boss anni trenta, viene da Peshawar. Tutti lo chiamano «bacha», il re. E\\\\\\\\\\\\\\\' lui che decide le fasi dell\\\\\\\\\\\\\\\'«assalto» alla fortezza Europa dividendo le «truppe» e indicando i passaggi. Le colline della Croazia sono di fronte e dalle abitazioni bosniache a un tiro di schioppo dalla base nessuna sembra fare caso alla trentina di pachistani che si preparano al «gioco», come chiamano il terno al lotto della marcia di dieci giorni verso l\\\\\\\\\\\\\\\'Italia attraverso Croazia e Slovenia.
I migranti nella zona di Velika Kladusa, la città bosniaca sul confine croato più ad ovest, si piazzano alla stazione degli autobus con zaino in spalla, sacco a pelo e vivande. Qualche autista compiacente li fa salire su minibus grigi facendo pagare il biglietto il doppio del prezzo normale. Ne seguiamo uno pieno di bengalesi scaricati all\\\\\\\\\\\\\\\'incrocio per la frontiera non sorvegliata di Bojna. La polizia bosniaca chiude un occhio. L\\\\\\\\\\\\\\\'ultima manciata di chilometri i migranti la percorrono a piedi in fila indiana per poi nascondersi di notte nelle case diroccate vicino al confine. Gli automobilisti non ci fanno più caso, ma la gente del posto è esasperata. «Il via vai è continuo - spiega un bosniaco che vive sul punto di passaggio di Sturlic - All\\\\\\\\\\\\\\\'inizio erano pochi e li aiutavamo se avevano bisogno di un riparo o dell\\\\\\\\\\\\\\\'acqua, ma adesso non si vive più».
A Bosanska Otoka, dove arriva ogni sera un treno da Sarajevo zeppo di migranti, incrociamo una ragazza bionda che guida un gruppo di clandestini in marcia sul lato della strada. Capelli lunghi, fisico da modella, cappellino da baseball calcato sulla testa e pancia di fuori è la «taxista dei migranti» diventata una leggenda. Quando capisce che siamo giornalisti si irrigidisce, impreca e accelera il passo. Un trio di tunisini ha ordito un piano camaleontico grazie alla loro pelle chiara. Dopo aver preso l\\\\\\\\\\\\\\\'autobus di linea fino a una località poco frequentata dai migranti passeranno illegalmente il confine. «Una volta dall\\\\\\\\\\\\\\\'altra parte ci laviamo, pettiniamo e rasiamo la barba - ridacchia Massouf - Poi andiamo a comprare un biglietto alla stazione dell\\\\\\\\\\\\\\\'autobus più vicina per Zagabria parlando in francese, come se fossimo dei turisti».
[continua]

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16 luglio 2019 | Tg4 | reportage
Bosnia, Lampedusa terrestre
In Bosnia, una gigantesca Lampedusa terrestre, arrivano un centinaio di migranti al giorno. E si incamminano verso il nostro paese per entrare in Europa 00. 12 - “Non ho documenti. Tutti noi del Bangladesh adesso andiamo in Italia” E prima di affrontare i dieci giorni di viaggio soprattutto a piedi consultano le mappe con i campi minati della guerra nell’ex Yugoslavia Uno dei punti di partenza è questa tendopoli allestita dalle autorità a Vucjak nella Bosnia nord occidentale La croce rossa locale fa quelle che può distribuendo viveri per circa 500 migranti in gran parte pachistani e addirittura nepalesi, che tentano più volte di arrivare a Trieste 00.50 “Sono dell’Afghanistan e sto viaggiando da 4 anni per venire in Europa. Ieri sono stato deportato dalla Slovenia di nuovo in Bosnia” E la tensione è alle stelle con scontri etnici fra i migranti. Secondo la polizia locale sono stati registrati negli ultimi mesi 489 incidenti spesso per soldi o telefonini Soprattutto a Bihac dove i migranti si incontrano per strada 1.23- “Chi ti ha assalito. Chi?” “Penso afghani e pachistani” “Altri migranti?” “Altri migranti” Al campo di Vuciak, che significa tana del lupo, l’acqua arriva con le autopompe. Solo nel cantone di Bihac, sul confine più a nord ovest con la Croazia, ci sarebbero 4500 migranti in 5 centri e altri in sistemazioni private. Li aiutano anche alcune volontarie italiane 1.53 - Mirian Ong delle Acli

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16 luglio 2019 | Quarta repubblica | reportage
I migranti da Sarajevo all'Italia
In Bosnia ci sono ottomila migranti che vogliono passare il confine croato per venire in Italia Si infilano anche di giorno nelle piantagioni di granturco E in campo aperto corrono per non farsi individuare dalle pattuglie della polizia croata che utilizza pure i droni Attraverso la boscaglia, che i migranti chiamano giungla, ci mettono dieci giorni a piedi per raggiungere Trieste Siamo arrivati sul confine europeo della Croazia in mezzo al nulla Fra i 100 e 200 migranti arrivano ogni sera con il treno da Sarajevo nell’imbuto della Bosnia nord occidentale Sono giunti fino a qui lungo la rotta balcanica via Turchia, Grecia, Macedonia e Serbia La polizia federale carica i migranti su un pullman per rimandarli indietro verso la parte serba della Bosnia, ma è una farsa Si incamminano lungo la strada asfaltata… e spariscono…. il giorno dopo riprendono il cammino verso i campi di accoglienza del cantone di Bihac vicini al confine croato A Vuciak, che significa tana del lupo, è stata montata una tendopoli Sono in 500, soprattutto pachistani e bengalesi, che non scappano dalle guerre come questo gruppetto Gli scontri fra migranti, per soldi o telefonini, sono all’ordine del giorno La Bosnia nord occidentale è una grande Lampedusa terrestre dove sono passati dal 2017 20mila migranti illegali diretti in Europa E la popolazione è esasperata Il “gioco” così i migranti chiamano il viaggio clandestino dalla Bosnia Ogni giorno escono dai campi con zaino e sacco a pelo e si dirigono alla stazione degli autobus L’autista compiacente che ha fatto pagare il biglietto il doppio scarica i migranti all’incrocio per la Croazia A ridosso del confine si fermano e si nascondono nelle case abbandonate Si muovono soprattutto con il buio grazie ai percorsi su Google map inviati via telefonino da chi ce l’ha fatta ma solo il 10% passa al primo tentativo. I croati li intercettano con le camere termiche, li pestano e rimandano in Bosnia dopo averli sequestrato anche le scarpe E i migranti ritentano il gioco dell’oca anche venti volte fino a quando non arrivano a Trieste

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08 aprile 2015 | TG5 | reportage
Bandiere nere in Bosnia e minacce al Papa
In Bosnia, ad un passo dall’Italia, sventolano le bandiere nere dell’Islam che ricordano quelle dei tagliagole che combattono in Siria. Sperduti fra boschi e colline non sono pochi i villaggi roccaforti dei salafiti, come Osve dove sembra di vivere in un emirato talebano con le donne coperte dalla testa ai piedi. Fra le case di Osve, una volta villaggio serbo, sventola la bandiera nera. Il figlio di Hamdo, Emrah Fojnica, si è fatto saltare in aria a 23 anni. Assieme a lui sarebbero partiti da quest’area una ventina di mujaheddin. Per raggiungere i villaggi roccaforte degli estremisti bisogna percorrere strade neppure segnate sulle mappe. Il rappresentante di Gornja Maoca spiega così la presenza delle bandiere nere. Secondo Edis Bosnic, barbone islamico d’ordinanza, ”la bandiera e la scritta è una testimonianza di fede che dice "Non c'è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta”. Peccato, però, che sia anche il vessillo usato dai tagliagole. I bambini giocano con i kalaschnikov di legno. Da queste case è partito per la Siria, uno dei leader dei combattenti bosniaci, Nusret Imamovic, sulla lista nera americana dei terroristi. Dragan Lukac, il ministro dell’interno della Repubblica serba in Bosnia, lancia l’allarme: Abbiamo delle informazioni su possibili minacce dei radicali islamici per la visita del Papa, il 6 giugno, ci sono commenti on line sul fatto che non ha nulla a che fare con Sarajevo - rivela il ministro - convinto, però, che la polizia bosniaca garantirà la massima sicurezza alla visita. Husein Bosnic detto Bilal è sotto processo a Sarajevo con l’accusa di arruolare i volontari della guerra santa che dall’Europa, compresa l’Italia, vanno a combattere in Siria. E non solo....

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