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Articolo
02 dicembre 2019 - Attualità - Libia - Il Giornale |
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L’ultimo avventuriero riportato in Italia: “Fece affari con la jihad” |
Fausto BIloslavo Giulio Lolli, l\'ultimo avventuriero, latitante e truffatore è al capolinea della sua vita da romanzo. Questa volta gli è piombata sulla testa l\'accusa della procura di Roma di terrorismo internazionale per aver rifornito di armi e munizioni un gruppo jihadista a Bengasi. Per chi ha conosciuto Lolli, 54 anni, di Bertinoro, a un passo da Forlì, è difficile credere che sia un Bin Laden italiano. Latitante da quasi 10 anni per una mega truffa sulle doppie vendite di yacht è stato rimpatriato ieri mattina da Tripoli con un aereo dei servizi segreti. I libici lo avevano sbattuto dietro le sbarre dal 2017, per screzi fra milizie, condannandolo addirittura all\'ergastolo. Grazie al lavorio diplomatico dell\'ambasciata italiana la discutibile sentenza per terrorismo emessa l\'8 settembre prevedeva l\'espulsione immediata verso casa. Poi l\'ambasciatore Giuseppe Buccino Grimaldi ha smussato le ultime spigolature con il procuratore generale e il governo di Tripoli. Lolli in Italia deve scontare una condanna di cinque anni per bancarotta fraudolenta legata alla truffa degli yacht, ma è stato trasferito al carcere romano di Regina Coeli per rispondere delle accuse di terrorismo. Il gip Cinzia Parasporo, che ha convalidato l\'arresto richiesto dal pm Sergio Colaiocco, è convinta dell\'«inserimento (di Lolli nda) in un chiaro contesto eversivo» . Le indagini dei carabinieri del Ros avrebbero accertato che l\'italiano era «tra i comandanti del cartello islamista denominato Majlis Shura Thuwar Benghazi». E fino all\'ottobre 2017 guidava «le forze rivoluzionarie della Marina». La missione navale europea Sophia ha intercettato lo yacht di Lolli, il Leon, ribattezzato «Buka El Areibi», dal nome di un combattente morto in battaglia. E un\'altra imbarcazione simile fatta arrivare dall\'Italia, il Mephisto, rinominato El Mokhtar. A bordo sono state trovate e sequestrare armi e munizioni «inclusi lanciarazzi e mine anticarro» diretti ai difensori islamisti di Bengasi. La seconda città libica assediata per anni e poi conquistata nel giugno 2017 dal generale Khalifa Haftar, che oggi attacca Tripoli. Lolli aveva pubblicizzato le sue missioni «umanitarie» per evacuare feriti e civili da Bengasi. E ha sempre giurato di portare solo medicinali e generatori di corrente. La shura (consiglio) di Bengasi citata dai carabinieri era un variegato cartello di forze anti Haftar compresa Ansar al Sharia, inserita nella lista dell\'Onu delle organizzazioni terroristiche, poi sciolta dopo la capitolazione. La procura di Roma accusa Lolli di avere rifornito i terroristi attraverso il porto di Misurata. Però l\'avventuriero italiano, un anno prima, sempre via mare, aiutava le milizie libiche, appoggiate anche da noi, che hanno liberato armi in pugno Sirte «capitale» dello Stato islamico in Libia. Non solo: Lolli nel 2017 pilotava una motovedetta con la scritta Police ormeggiata nel porto di Tripoli, che faceva parte di una specie di polizia marittima autorizzata dal ministero dell\'Interno. A bordo c\'erano i miliziani del comandate Taha Mohammed al Musrati, che starebbe ancora combattendo a Tripoli al fianco del governo di Fayez al Serraj, riconosciuto dall\'Onu, contro Haftar. E in prima linea con lui ci sono anche i resti della shura di Bengasi, il cartello islamista individuato dai carabinieri che considerano Lolli «uno dei comandanti». La milizia portuale ha vita breve e il 28 ottobre 2017 l\'italiano viene arrestato da Rada, la polizia speciale di prevenzione del governo di Tripoli. Salafiti non meno duri dei gruppi jihadisti di Bengasi, che Lolli avrebbe rifornito di armi. La sua storia assomiglia a un romanzo da un decennio: dalla fuga in Tunisia nel 2010 e in Libia, dove viene arrestato per la truffa «Rimini Yacht». A Tripoli si unisce ai ribelli anti Gheddafi e si converte all\'Islam rimanendo sempre un avventuriero. |
[continua] |
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24 marzo 2011 | TGCOM | reportage
La cronaca da Tripoli
La cronaca da Tripoli
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01 luglio 2019 | TG4 | reportage
#IoNonStoConCarola
“Io non sto con Carola”, la capitana trasformata in eroina per avere violato la legge. E bisognerebbe dirlo forte e chiaro per rompere questa illusione di solidarietà maggioritaria pompata ad arte dalla sinistra, da Ong talebane dell’accoglienza, una bella fetta dela Chiesa e dai pezzi da novanta del facile buonismo radical chic come Saviano, Fazio, Lerner e Murgia.
Per non parlare del governo tedesco e francese, che con una faccia di bronzo unica, ci fa la morale sulla capitana.
Ovviamente è passato sotto silenzio un sondaggio del 27 giugno su Rai3, non proprio una rete mangia migranti, che svelava come il 61% degli italiani fosse contrario all’attracco della nave Sea watch a Lampedusa, ancora prima dell’epilogo forzato deciso dalla capitana.
Se al volante della tua automobile trovi lungo la strada un carabiniere con la paletta che intima l’alt, cosa fai? Accosti e non sfondi il posto di blocco. Se speroni la macchina dell’Arma vieni rincorso armi in pugno e ti arrestano, ancor più se a bordo hai dei clandestini. E nessuno si sognerebbe di alzare un dito in tua difesa con pelose giustificazioni umanitarie.
Carola Rackete ha sfondato il blocco ordinato dal Viminale, violato la legge, speronato una motovedetta mettendo in pericolo la vita dei finanzieri a bordo e la stanno trasformando in un’eroina dei due mondi.
Non solo: da oggi potrebbe essere libera e bella.
Un mondo alla rovescia dove le Ong si sostituiscono agli stati e fanno quello che vogliono calpestando la sovranità nazionale del nostro paese.
Per non parlare del paradosso che Sea watch, grazie al polverone sollevato, ha pure incassato oltre un milione di euro con raccolte fondi in Germania e in Italia per la difesa dell’eroina dei due mondi.
Carola ha agito in stato di necessità per “salvare vite umane” sostegno i suoi fan. Ma se vogliamo salvare veramente i migranti in Libia, a cominciare da quelli rinchiusi nei centri di detenzione, dobbiamo continuare a riportarli a casa loro come sta facendo a rilento e fra mille difficoltà una delle agenzie dell’Onu, difficile da paragonare a SS moderne.
E non andarli a prendere al largo della Libia come ha fatto la capitana, che rimane indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E piuttosto che sbarcarli in Tunisia il posto più vicino a sicuro li ha portati dritta, dritta in Italia per creare un caso politico usando come paravento “le vite salvate in mare”
La dimostrazione è la pattuglia di parlamentari di sinistra salita a bordo in favore di telecamere.
L’obiettivo finale dei talebani dell’accoglienza è tornare a spalancare le porte dell’Europa agli sbarchi di massa del passato con 170mila arrivi all’anno in Italia
Non si tratta di parteggiare per Salvini o il governo, ma di smetterla di farci prendere in giro trasformando la capitana che ha violato scientemente la legge in un’eroina. Per questo gli italiani, primi fra tutti i moderati dotati di buon senso, dovrebbero dire forte e chiaro “io non sto con Carola”.
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04 agosto 2011 | Studio Aperto | reportage
Le truppe del colonnnello smentiscono il lancio del missile
Il lancio del missile o razzo che ha sfiorato ieri la nave italiana Bersagliere, al largo delle coste libiche, è stato seccamente smentito dal portavoce di Tripoli Moussa Ibrahim. “I militari mi hanno garantito di non aver lanciato alcun missile contro la nave da guerra italiana. Ribadisco, però, che è nostro diritto difenderci e colpire le unità della Nato che penetrano nelle acque territoriali libiche” ha sostenuto il portavoce. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha escluso che la nostra unità schierata con la flotta della Nato, fosse l’obiettivo dei libici. Sul primo momento il portavoce di Tripoli aveva detto che le forze del colonenllo Gheddafi potevano contare ancora su un vasto arsenale, compresi missili e razzi.
Il vero dato certo, confermato dal comandante di Nave Bersagliere, è la partenza del razzo dalla zona di Zlitan, 160 chilomteri ad est di Tripoli, dove si combatte duramente fra ribelli e truppe fedeli al colonnello.
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26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento |
Libia
Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?
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02 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Una nube nera su tutta Tripoli
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08 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia
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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento |
Libia
Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.
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26 agosto 2011 | Radio Città Futura | intervento |
Libia
I giornalisti italiani rapiti a Tripoli
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