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Reportage
02 settembre 2020 - Attualità - Bosnia - Il Giornale
Bosnia, la porta aperta della rotta balcanica. I migranti vogliono venire tutti in Italia
di Fausto Biloslavo
Prokop (Bosnia Erzegovina) «Vogliamo andare tutti in Italia» spiega Abdul Qayum, 25 anni, ex poliziotto afghano, che si sta lavando a torso nudo in un rigagnolo in mezzo ai campi. Una decina di aspiranti profughi accoccolati attorno al binario della ferrovia nel nord ovest della Bosnia annuisce quando sente nominare l\'Italia.
In realtà assieme a qualche centinaio di migranti che bivacca sulle colline sono intrappolati nella terra di nessuno fra la parte serba del paese e quella musulmana. La Republika Srpska non vuole saperne e carica i migranti che arrivano dalla rotta balcanica sugli autobus trasportandoli verso l\'altra fetta della Federazione bosniaca, che a sua volta li sta rimandando indietro. Il risultato è che un centinaio di inferociti afghani, pachistani e migranti del Bangladesh attacca l\'esile cordone di polizia bosniaca lungo la ferrovia. E al grido di «Allah o akbar» lo aggira infilandosi nella foresta. Poi un manipolo blocca la strada per protesta e gli agenti caricano disperdendo i migranti nei campi di pannocchie. Qayum sottolinea che «vogliamo solo partecipare al gioco» come è stato battezzato il tragitto clandestino fino all\'Italia passando prima in Croazia e poi in Slovenia. Al momento la Bosnia è un serbatoio esplosivo di 7mila-8mila migranti. «Ogni anno arrivano dalla rotta balcanica in 10mila-12mila e si stima che passi il 90%. Il lockdown causato dal covid ha creato un tappo in primavera. Adesso c\'è un\'ondata ritardata» spiega, Nicola Minasi, ambasciatore italiano a Sarajevo.
Il «gioco» dura una decina di giorni a piedi, se i poliziotti croati non beccano i migranti riempiendoli spesso di botte e rimandandoli in Bosnia. Il capetto afghano, però, rivela «che se hai 4mila euro i passeur locali ti portano in macchina fino a Trieste o Udine». Una fonte qualificata a Sarajevo rivela: che «alcuni migranti si trasformano in trafficanti. Per valicare il confine la rete degli afghani è fra le più affidabili». E si estende fino a Milano dove attendono i connazionali provenienti dalla Bosnia offrendo pernottamenti e aiuto. «In realtà li sequestrano e chiedono un pizzo ai parenti, che magari li attendono in un altro paese europeo, per lasciarli andare» racconta la fonte del Giornale.
Il trampolino della rotta balcanica verso l\'Italia è il cantone nella parte nord occidentale della Bosnia, che confina con la Croazia. A Bihac, il capoluogo, la popolazione è esasperata e si sente abbandonata dal governo centrale. «Migranti go home, tornate a casa» è la parola d\'ordine, dopo l\'aumento dei reati, la paura della pandemia e l\'incremento degli arrivi dalla rotta balcanica. Il 29 agosto nella piazza principale ci sono migliaia di persone davanti a un manifesto con un grande «Stop immigrazione» in rosso. Oltre a una foto di migranti con le tende simili a campeggiatori e un titolo provocatorio: «Turisti?». Sul palco si susseguono oratori dai toni a dire poco leghisti, che cavalcano la protesta anche in vista delle elezioni amministrative di novembre accompagnati dalle note martellanti del rock balcanico. Fra il pubblico c\'è pure una donna velata che si spella le mani negli applausi. «L\' ipocrita Unione europea deve capire che non esistono solo i diritti dei migranti arrivati illegalmente, ma pure quelli della popolazione locale» attacca Aldijana Munjakovic, pasionaria bosniaca, che imputa agli stranieri 4mila reati.
La richiesta principale è la chiusura dei campi di accoglienza prevista nelle ultime ore a Sarajevo. Nel centro di Bira proprio a Bihac, che ospita 550 migranti, è attiva Ipsia, l\'Ong dell\' Associazione cristiana dei lavoratori. Una cooperante italiana denuncia la caccia ai migranti «con pestaggi e intimidazioni» e sostiene che «l\'unica soluzione è aprire i confini senza distinzioni fra chi scappa dalle guerre, dalla povertà o dai cambiamenti climatici».
Il risultato è che la tensione aumenta, i migranti sono allo sbando, per strada, nelle foreste o in fabbriche dismesse come alla periferia di Velika Kladusa. Un\'anticamera dell\'inferno dove circa 200 persone arrivate dall\'Algeria e dal Bangladesh vivono in condizioni miserabili. Diversi sono strafatti di droga. Tarek del Bangladesh spiega «che molti hanno il colera, vomito e diarrea». Fra i calcinacci dell\'ex stabilimento circolano i topi e spuntano piccole tende o pagliericci improvvisati. Nel tour del girone infernale è palpabile la rabbia contro il mondo intero. Una bomba ad orologeria scandita dai tentativi di raggiungere l\'Italia. L\'appuntamento è all\'una e mezza di notte, dopo avere fatto rifornimento di pane, scatolette e acqua. L\'algerino Idris raduna il suo gruppetto con lo zaino in spalla: «Sette chilometri a piedi e siamo in Croazia. Poi inizia il gioco fino a Trieste».
[continua]

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08 aprile 2015 | TG5 | reportage
Bandiere nere in Bosnia e minacce al Papa
In Bosnia, ad un passo dall’Italia, sventolano le bandiere nere dell’Islam che ricordano quelle dei tagliagole che combattono in Siria. Sperduti fra boschi e colline non sono pochi i villaggi roccaforti dei salafiti, come Osve dove sembra di vivere in un emirato talebano con le donne coperte dalla testa ai piedi. Fra le case di Osve, una volta villaggio serbo, sventola la bandiera nera. Il figlio di Hamdo, Emrah Fojnica, si è fatto saltare in aria a 23 anni. Assieme a lui sarebbero partiti da quest’area una ventina di mujaheddin. Per raggiungere i villaggi roccaforte degli estremisti bisogna percorrere strade neppure segnate sulle mappe. Il rappresentante di Gornja Maoca spiega così la presenza delle bandiere nere. Secondo Edis Bosnic, barbone islamico d’ordinanza, ”la bandiera e la scritta è una testimonianza di fede che dice "Non c'è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta”. Peccato, però, che sia anche il vessillo usato dai tagliagole. I bambini giocano con i kalaschnikov di legno. Da queste case è partito per la Siria, uno dei leader dei combattenti bosniaci, Nusret Imamovic, sulla lista nera americana dei terroristi. Dragan Lukac, il ministro dell’interno della Repubblica serba in Bosnia, lancia l’allarme: Abbiamo delle informazioni su possibili minacce dei radicali islamici per la visita del Papa, il 6 giugno, ci sono commenti on line sul fatto che non ha nulla a che fare con Sarajevo - rivela il ministro - convinto, però, che la polizia bosniaca garantirà la massima sicurezza alla visita. Husein Bosnic detto Bilal è sotto processo a Sarajevo con l’accusa di arruolare i volontari della guerra santa che dall’Europa, compresa l’Italia, vanno a combattere in Siria. E non solo....

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18 luglio 2019 | Tg4 | reportage
Il "gioco" della rotta balcanica
(are you going to play the game?) Il “gioco” così i migranti della rotta balcanica chiamano il viaggio clandestino dalla Bosnia all’Italia Ale Siljdedic portavoce polizia Negli ultimi due anni sono passati nel nostro cantone dai 15mila a 20mila migranti La Bosnia è un imbuto con almeno 8mila migranti, come questi algerini, giunti dalla Turchia che ogni giorno cercano in qualsiasi modo di arrivare nell’Unione europea L’autista compiacente che ha fatto pagare il biglietto il doppio scarica i migranti all’incrocio per la Croazia Prima del calare del buio i migranti si fermano per rifocillarsi a un passo dalla casa di un bosniaco che ha lavorato per anni in Italia (Edin Brkic) Vicino al confine i migranti si nascondono in case diroccate e marciano di notte per avvicinarsi ai punti di passaggio Come questo valico apparentemente non sorvegliato, ma i croati usano le camere termiche per individuare nel buio i clandestini I migranti ci provano anche di giorno a raggiungere la Croazia infilandosi nelle piantagioni di mais per non farsi vedere e nei campi aperti si mettono a correre nella speranza di non venire notati dalle pattuglie croate, che hanno a disposizione anche droni i croati, se intercettano i migranti li rimandano in Bosnia sequestrandogli tutto, pure le scarpe Siamo arrivati alla frontiera con l’Europa in mezzo alla boscaglia

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16 luglio 2019 | Quarta repubblica | reportage
I migranti da Sarajevo all'Italia
In Bosnia ci sono ottomila migranti che vogliono passare il confine croato per venire in Italia Si infilano anche di giorno nelle piantagioni di granturco E in campo aperto corrono per non farsi individuare dalle pattuglie della polizia croata che utilizza pure i droni Attraverso la boscaglia, che i migranti chiamano giungla, ci mettono dieci giorni a piedi per raggiungere Trieste Siamo arrivati sul confine europeo della Croazia in mezzo al nulla Fra i 100 e 200 migranti arrivano ogni sera con il treno da Sarajevo nell’imbuto della Bosnia nord occidentale Sono giunti fino a qui lungo la rotta balcanica via Turchia, Grecia, Macedonia e Serbia La polizia federale carica i migranti su un pullman per rimandarli indietro verso la parte serba della Bosnia, ma è una farsa Si incamminano lungo la strada asfaltata… e spariscono…. il giorno dopo riprendono il cammino verso i campi di accoglienza del cantone di Bihac vicini al confine croato A Vuciak, che significa tana del lupo, è stata montata una tendopoli Sono in 500, soprattutto pachistani e bengalesi, che non scappano dalle guerre come questo gruppetto Gli scontri fra migranti, per soldi o telefonini, sono all’ordine del giorno La Bosnia nord occidentale è una grande Lampedusa terrestre dove sono passati dal 2017 20mila migranti illegali diretti in Europa E la popolazione è esasperata Il “gioco” così i migranti chiamano il viaggio clandestino dalla Bosnia Ogni giorno escono dai campi con zaino e sacco a pelo e si dirigono alla stazione degli autobus L’autista compiacente che ha fatto pagare il biglietto il doppio scarica i migranti all’incrocio per la Croazia A ridosso del confine si fermano e si nascondono nelle case abbandonate Si muovono soprattutto con il buio grazie ai percorsi su Google map inviati via telefonino da chi ce l’ha fatta ma solo il 10% passa al primo tentativo. I croati li intercettano con le camere termiche, li pestano e rimandano in Bosnia dopo averli sequestrato anche le scarpe E i migranti ritentano il gioco dell’oca anche venti volte fino a quando non arrivano a Trieste

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