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13 novembre 2020 - Esteri - Libia - panorama.it
L’audio esclusivo della telefonata dei pescatori sequestrati in Libia
Telefonata dalla Libia dei 18 pescatori detenuti con i familiari attraverso l’Unità di crisi della Farnesina. Un buon segnale che si aggiunge ad indiscrezioni ottimistiche su una possibile soluzione del caso a breve. Panorama pubblica in esclusiva brevi stralci della telefonata di mercoledì sera, durata circa 40 minuti, fra i familiari ed i pescatori prigionieri in Libia da 74 giorni.
All’inizio, l’armatore Marco Marrone parla con il capitano del peschereccio sequestrato Medinea, Pietro Marrone. Il comandate rassicura “stiamo bene, tutti bene” e ringrazia Dio. Poi evidenzia: “Ma lo sai dove siamo, dovete aiutarci, abbiamo bisogno di andarcene che tutti pazzi stiamo diventando”. Il secondo peschereccio sequestrato è l’Antartide. Alla fine interviene in collegamento la mamma del capitano, Rosetta. E Marrone le ripete dalla Libia “non ti preoccupare, non ti preoccupare”.
Dopo l’emozionante chiamata i familiari si sono incontrati con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. “Ci ha molto rassicurato - spiega l’armatore Marrone - Mi auguro che arrivi quel colpo di reni che porti alla liberazione dei nostri cari”.
La telefonata segue la visita del ministro Di Maio negli Emirati arabi, padrini militari e finanziari del generale Khalifa Haftar, che tiene prigionieri i 18 pescatori di Mazara del Vallo.
Fausto Biloslavo
[continua]

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02 aprile 2012 | Terra! | reportage
Italiano di ventura
TRIPOLI - “L’Italia, i figli, mi mancano, ma vorrei tornarci per difendermi in tribunale, non dietro le sbarre. La galera l’ho già fatta in Libia”. Parola di Giulio Lolli, 46 anni, latitante per la procura di Bologna e Rimini, che vive libero a Tripoli. Occhi azzurri, smilzo, barbetta e foulard con i colori della nuova Libia al collo parla per la prima volta della sua incredibile storia a cavallo fra la truffa e l’avventura. Fino al 2010 era uno dei più noti venditori di yacht italiani. Poi è finito in una serie di inchieste con una sfilza di reati finanziari, corruzione ed altre accuse da far tremare i polsi. Si è trasferito prima in Tunisia e poi in Libia rincorso non solo da un mandato di cattura internazionale, ma dalle rivolte arabe. “Non l’avrei mai immaginato, ma sono diventato un rivoluzionario e ho combattuto contro il regime di Gheddafi dopo essere stato trattato come un cane nelle sue galere” spiega Lolli, che incontriamo nel centro di Tripoli.

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18 marzo 2011 | Mattina 5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
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