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Articolo
23 giugno 2021 - Copertina - Italia - Panorama |
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I segreti dei servizi segreti |
Alle 7.20 del 14 giugno i primi 82 afghani sono atterrati in Italia con un volo militare. Interpreti al fianco dei soldati italiani da anni e loro stretti familiari che rischiano la rappresaglia talebana dopo il ritiro delle nostre truppe. L’operazione Aquila prevede di portare in salvo fra i 400 e 500 afghani, tutti sottoposti a “vetting”, il vaglio dei servizi segreti per evitare di portarci in patria serpi in seno. Un interprete è stato bloccato da un “rapporto negativo” e tempo fa l’intelligence, con l’aiuto americano, aveva scoperto un altro traduttore che faceva il doppio gioco informando i pachistani. Poi è arrivato in Italia come clandestino. Il “vetting” in Afghanistan è solo un piccolo tassello del lavoro dei servizi segreti, che stanno vivendo grandi cambiamenti, soprattutto ai vertici. Panorama grazie a fonti interne ed esperti ha alzato il velo sui segreti, le luci e le ombre della nostra intelligence. IL POKER D’ASSI DELL’INTELLIGENCE “Per i servizi è un momento felice - conferma un addetto ai lavori - Nella partita dell’intelligence abbiamo in mano un poker d’assi”. Il riferimento è al sottosegretario alla presidenza del Consiglio con la delega alla sicurezza nazionale, Franco Gabrielli, al nuovo capo del Dis, Elisabetta Belloni e ai direttori delle agenzie esterna (Aise) e interna (Aisi). “Il primo aspetto importante è la nomina dell’autorità delegata da parte del presidente del Consiglio, che ha scelto Gabrielli, ex capo della polizia. I governi Gentiloni, Conte 1 e 2 non l’avevano fatto. Anche la scelta di Belloni al Dis, la prima donna, allude a un profondo cambiamento. I servizi hanno agilità informativa, ma sono come una grande portaerei. Per virare ci vuole tempo” spiega a Panorama, Marco Minniti, ex ministro dell’Interno, dal 3 giugno presidente della Fondazione Med-Or del gruppo Leonardo. Gabrielli è stato direttore per due volte del servizio segreto interno. “Un uomo di sistema, ma sempre favorito dal Pd” fa notare una fonte militare di Panorama. Un’amicizia di vecchia data lo lega ad Enrico Letta, segretario del Partito democratico. Gabrielli è comunque un super tecnico chiamato per primo da Mario Draghi appena insediato a Palazzo Chigi. L’obiettivo è rimettere ordine e premiare le capacità super partes. Panorama ha scoperto che esiste pure un progetto che viene da lontano e potrebbe trovare terreno fertile con Gabrielli: l’unificazione delle agenzie, un super servizio, per potenziare le capacità e utilizzare al meglio le risorse. La prima mossa di peso del nuovo corso è stata la nomina di Elisabetta Belloni a capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, organismo di coordinamento di Aisi e Aise. Segretaria generale della Farnesina si è diplomata come Draghi all’istituto dei gesuiti Massimiliano Massimo a Roma. “E’ una donna con le palle. Va rimessa in piedi una struttura a pezzi dopo il governo Conte” spiega chi ha a che fare con questi gangli dello Stato. Bionda e donna di mondo ha fatto carriera alla “Casa”, come viene soprannominata la Farnesina. Non è stata solo un ambasciatore, ma ha guidato l’Unità di crisi e la Cooperazione internazionale per poi arrivare alla poltrona interna più importante, segretario generale. Ex capo di gabinetto di Paolo Gentiloni, quando era ministro degli Esteri, è benvoluta in maniera trasversale. Il suo lume tutelare è il capo dello Stato, Sergio Mattarella. Nel 2017 proprio per iniziativa del presidente della Repubblica l’ambasciatrice è stata insignita della seconda onorificenza più alta del paese, cavaliere di Gran Croce. “La sfida cruciale dell’intelligence è appropriarsi di nuovi equilibri nel settore della diplomazia parallela rispetto a quella tradizionale, che scricchiola. La nomina della Belloni è funzionale a questo disegno” spiega l’ex generale Leonardo Tricarico, presidente della fondazione Icsa. Belloni sostituisce Gennaro Vecchione mandato a casa sei mesi prima della scadenza. Per farlo guidare il Dis il generale della Finanza era stato nominato prefetto, altrimenti avrebbe dovuto, con meno stelle, coordinare il generale Luciano Carta allora a capo dell’Aise poi rimosso non essendo in linea con i grillini filo cinesi. Fedelissimo di Conte “era stato soprannominato ministro dei rapporti con il Parlamento per le pressioni che puntavano a fare stare a galla il premier” racconta una fonte di Panorama. Vecchione non ha pagato solo la sua vicinanza a Conte, ma anche gli strascichi del Russiagate. Nel 2019 incontrò il ministro della Giustizia Usa, William Barr, sull’intricato caso Mifsud, docente dell’università Link campus, fucina di esponenti grillini come l’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta. Mifsud, sparito nel nulla, aveva fatto credere di avere mail segrete acquisite dai russi che potevano mettere in difficoltà la candidata democratica alla presidenza, Hillary Clinton. Anche il trappolone, forse non solo mediatico, del video dell’incontro all’autogrill fra una vecchia e discussa gloria dei servizi come Marco Mancini e Matteo Renzi, che tramava di abbattere Conte, non ha aiutato Vecchione. Mancini era uno dei suo sottoposti al Dis. Al contrario, gli altri due assi dell’intelligence di Draghi sono stati ereditati dal governo precedente. Il generale Giovanni Caravelli è stato nominato nel maggio dello scorso anno direttore dell’Aise. Dal 2014 era il numero due dell’agenzia per la sicurezza esterna. Fra i migliori del corso in accademia “Esempio” si è fatto le ossa sia sul terreno in Iraq e Afghanistan che nel Sigint, intelligence elettronica al comando della brigata Informazioni, Ricognizione e Guerra Elettronica dell’esercito ad Anzio. “Fra i militari è il più preparato. Grande conoscitore del dossier libico è l’interlocutore di diversi capi di Stato africani” rivela una fonte di Panorama. L’ultimo asso è Mario Parente al vertice dell’Aisi da oltre cinque anni, che veniva dato in uscita, ma è stato prorogato il 12 maggio dal governo Draghi. IL CYBER ZAR Al poker d’assi dell’intelligence si aggiungerà a breve il nuovo “cyber zar”, il responsabile della neonata Agenzia per la sicurezza cibernetica nazionale, che Conte voleva mezza privata. Una super squadra di 300-350 unità con un budget in crescita dai 41 milioni di euro del 2022 ai 122 per il 2027. Il papabile al comando è Roberto Baldoni, professore universitario dell’università Sapienza di Roma, numero due del Dis con delega per il mondo cyber. Gabrielli ha ammesso che \"per mancanza di consapevolezza dei rischi, per un deficit di cultura su questi temi siamo molto in ritardo e dobbiamo camminare a passi svelti”. Vittorio Colao, ministro per l\'Innovazione tecnologica, ha lanciato l’allarme: \"Abbiamo il 93-95% dei server della Pubblica amministrazione non in condizioni di sicurezza”. Il 10 giugno è stato approvato il decreto legge che fa nascere l’Agenzia per la cyber sicurezza nazionale, che “opererà sotto la responsabilità del Presidente del Consiglio dei ministri” e di Gabrielli “in stretto raccordo con il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica”. Minniti osserva che “Baldoni viene dall’università, dove nel 2013 abbiamo presentato agli studenti i servizi segreti chiedendo agli interessati di inviare i curriculum al Dis. Oggi un’intelligence moderna deve tenere insieme l’esperienza, l’idea di patria attraverso forze armate e polizia e l’innovazione dei giovani. E in questo momento i vertici sono un giusto mix”. LE OMBRE SUI SERVIZI Marco Mancini è diventato il capro espiatorio del “vecchio stile” dei servizi. Lo 007 emiliano iniziò con il generale Dalla Chiesa nell’antiterrorismo e poi al Sismi, i servizi per l’estero, dove entrò nel 1988 da maresciallo dei carabinieri. Con otto diversi governi è stato coinvolto in tante operazioni delicate, come il sequestro di Abu Omar, finendo pure in carcere, ma uscendone sempre incensurato, anche grazie al segreto di Stato. “Era a capo di una lobby interna, ma non certo l’unica. La lotta fra fazioni nei servizi per motivi politici e di carriera ci sono state, ci sono e ci saranno anche in futuro” spiega una fonte interna di Panorama. “Mancini è uno capace, ma ha pestato i piedi a tanta gente - aggiunge - La storia all’incontro con Renzi è la classica buccia di banana che ha messo la parola fine alla sua epoca”. Il 23 dicembre un video lo riprende con l’ex premier in un autogrill, quando il fondatore di Italia viva affilava i coltelli per far fuori Conte. Mesi dopo Report lo manda in onda sollevando una tempesta mediatica e politica. “Se in Parlamento chiedessero chi ha incontrato Mancini pochi non alzerebbero la mano” sottolinea con ironia la fonte di Panorama. Paolo Quercia, che insegna “Sistemi di intelligence” all’università di Perugia, sottolinea che “il caso Mancini ha messo in evidenza la delicata questione del rapporto tra il mondo della politica ed i dirigenti delle agenzie. È un rapporto indispensabile, ma da regolare con attenzione”. Lo 007 di lungo corso ha un incarico delicato di controllo delle spese dei servizi segreti al Dis. Il 2 giugno, con la nuova linea Gabrielli-Belloni, gli è stato imposto il prepensionamento a luglio. Tricarico sostiene che “una delle anomalie del sistema dei servizi è sempre stata quella di lasciare vivere le incrostazioni delle gestioni governative precedenti. Un brutto difetto che sembra sulla via del tramonto”. LA SECONDA LINEA DEL GOVERNO CONTE In realtà una parte della seconda linea è stata nominata dopo mesi di attesa da Conte in zona Cesarini il 21 gennaio, poco prima di cadere, ma se non significa che sia necessariamente legata ai grillini. L’ammiraglio Carlo Massagli è passato da consigliere militare a Palazzo Chigi con Gentiloni, Conte 1 e 2 a vicedirettore dell’Aise. L’altro vicedirettore nominato dal precedente governo è il generale della Guardia di Finanza Luigi Della Volpe, che potrebbe interessare a Draghi per avere seguito l’intelligence economica-finanziaria. Al servizio interno Conte ha scelto come vicedirettore il generale dei carabinieri Carlo De Donno, che viene dalla struttura. Il nuovo corso dei servizi ha spostato anche altre caselle non sempre nella direzione giusta. Al posto di Elisabetta Belloni alla Farnesina è stato nominato segretario generale Ettore Sequi, il diplomatico più “cinesizzato” d’Italia, ex ambasciatore a Pechino, che ha aperto la Via della seta fin dai tempi del governo Gentiloni. Sequi era capo di gabinetto del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, e la sua nomina ha sollevato malumori fra le feluche. L’INTELLIGENCE ECONOMICA Il premier Draghi vuole puntare sull’intelligence economica, che fino ad oggi è rimasta in secondo piano. “E’ cruciale. Alcuni paesi hanno agenzie ad hoc - spiega Minniti - Dobbiamo avere la capacità di leggere i movimenti dell’economia secondo il nostro interesse nazionale”. Tricarico è convinto che Draghi dovrebbe prendere in mano pure l’esportazione di armi, una fetta dell’economia, con l’aiuto dell’intelligence. “Adesso se ne occupa la Farnesina, che sta dando il peggio del peggio” spiega l’ex generale dell’Aeronautica. “Il futuro dell’intelligence è economica, finanziaria, industriale e biologica. Sono tutti settori ove occorre investire massicciamente - spiega Quercia - Basta pensare al confronto con la Cina, alle acquisizioni ostili, al contrasto alla criminalità organizzata, al terrorismo, alle sanzioni internazionali, ai traffici di esseri umani”. Per Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, \"la nascita dell’agenzia per la cyber sicurezza è collegata all’intelligence economica. Pensiamo ai danni che possono fare attacchi hacker a grandi aziende. Però dobbiamo essere in grado di rispondere con strumenti cibernetici offensivi, anche a scopo di deterrenza”. SCENARI E SFIDE Gli scenari e le sfide dei servizi sono anche alle porte di casa, nei Balcani, dove “la stabilità è un primario interesse nazionale - fa notare una fonte militare - Un corto circuito non si può escludere grazie alla longa manus russa e alle infiltrazioni turche e cinesi”. In Libia i servizi osservano con attenzione le mosse di Seif el Islam, il figlio erede del colonnello Gheddafi, che punta a scendere in campo per le presidenziali di dicembre. Sul fronte immigrazione l’intelligence ha collaborato alle allarmanti previsioni sugli sbarchi estivi. Una stima, per difetto, parla di 65mila migranti in arrivo quest’anno, quasi metà dalla Libia, altri 20 mila dal Mediterraneo orientale, 15mila dalla Tunisia e 2mila dall’Algeria. “La Cina è più penetrante e aggressiva che mai nello spionaggio industriale e nelle acquisizioni in Europa - avverte una fonte dell’intelligence - E mentre stiamo ancora discutendo sul 5G sì o no, i cinesi già studiano il 7G”. Il controspionaggio ha portato platealmente alla luce un’operazione del Gru, l’aggressivo servizio militare russo, a Roma, arrestando il capitano di fregata Walter Biot che vendeva segreti Nato. “E’ servito anche a dare un messaggio a tanti ufficiali che talvolta vanno a cena con russi e cinesi e pure se ne vantano” rivela la fonte di Panorama. E dobbiamo guardarci le spalle non solo dai nemici. Un vecchio adagio dell’intelligence recita: “Non c’è nessun paese amico alleato per sempre e nessun paese alleato amico per sempre”. Minniti sottolinea che “siamo immersi in un mondo apolare, senza una reale guida. In una situazione globale del genere i servizi segreti possono fare la differenza. Chi ha capacità di influenza conta di più. Chi ha maggiori informazioni e in tempo reale conta di più”. Fausto Biloslavo
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03 febbraio 2012 | UnoMattina | reportage
Il naufragio di nave Concordia e l'allarme del tracciato satellitare
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30 aprile 2020 | Tg5 | reportage
L'anticamera dell'inferno
Fausto Biloslavo
TRIESTE - “Per noi in prima linea c’è il timore che il ritorno alla vita normale auspicata da tutti possa portare a un aumento di contagi e dei ricoveri di persone in condizioni critiche” ammette Gianfranco, veterano degli infermieri bardato come un marziano per proteggersi dal virus. Dopo anni in pronto soccorso e terapia intensiva lavorava come ricercatore universitario, ma si è offerto volontario per combattere la pandemia. Lunedì si riapre, ma non dimentichiamo che registriamo ancora oltre 250 morti al giorno e quasi duemila nuovi positivi. I guariti aumentano e il contagio diminuisce, però 17.569 pazienti erano ricoverati con sintomi fino al primo maggio e 1578 in rianimazione. Per entrare nel reparto di pneumologia semi intensiva respiratoria dell’ospedale di Cattinara a Trieste bisogna seguire una minuziosa procedura di vestizione. Mascherina di massima protezione, tuta bianca, copri scarpe, doppi guanti e visiera per evitare il contagio. Andrea Valenti, responsabile infermieristico, è la guida nel reparto dove si continua a combattere, giorno e notte, per strappare i contagiati alla morte. Un grande open space con i pazienti più gravi collegati a scafandri o maschere che li aiutano a respirare e un nugolo di tute bianche che si spostano da un letto all’altro per monitorare o somministrare le terapie e dare conforto. Un contagiato con i capelli grigi tagliati a spazzola sembra quasi addormentato sotto il casco da marziano che pompa ossigeno. Davanti alla finestra sigillata un altro paziente che non riesce a parlare gesticola per indicare agli infermieri dove sente una fitta di dolore. Un signore cosciente, ma sfinito, con i tubi dell’ossigeno nel naso è collegato, come gli altri, a un monitor che segnala di continuo i parametri vitali. “Mi ha colpito un paziente che descriveva la sensazione terribile, più brutta del dolore, di non riuscire a respirare. Diceva che “è come se mi venisse incontro la morte”” racconta Marco Confalonieri direttore della struttura complessa di pneumologia e terapia intensiva respiratoria al dodicesimo piano della torre medica di Cattinara. La ventilazione non invasiva lascia cosciente il paziente che a Confalonieri ha raccontato come “bisogna diventare amico con la macchina, mettersi d’accordo con il ventilatore per uscire dal tunnel” e tornare alla vita.
Una “resuscitata” è Vasilica, 67 anni, operatrice di origine romena di una casa di risposo di Trieste dove ha contratto il virus. “Ho passato un inferno collegata a questi tubi, sotto il casco, ma la voglia di vivere e di rivedere i miei nipoti, compreso l’ultimo che sta per nascere, ti fa sopportare tutto” spiega la donna occhialuta con una coperta sulle spalle, mascherina e tubo per l’ossigeno. La sopravvissuta ancora ansima quando parla del personale: “Sono angeli. Senza questi infermieri, medici, operatori sanitari sarei morta. Lottano ogni momento al nostro fianco”.
Il rumore di fondo del reparto è il ronzio continuo delle macchine per l’ossigeno. L’ambiente è a pressione negativa per aspirare il virus e diminuire il pericolo, ma la ventilazione ai pazienti aumenta la dispersione di particelle infette. In 6 fra infermieri ed un medico sono stati contagiati. “Mi ha colpito la telefonata di Alessandra che piangendo ripeteva “non è colpa mia, non è colpa mia” - racconta Confalonieri con il volto coperto da occhialoni e maschera di protezione - Non aveva nessuna colpa, neppure sapeva come si è contagiata, ma si struggeva per dover lasciare soli i colleghi a fronteggiare il virus”.
Nicol Vusio, operatrice sanitaria triestina di 29 anni, ha spiegato a suo figlio che “la mamma è in “guerra” per combattere un nemico invisibile e bisogna vincere”. Da dietro la visiera ammette: “Me l’aspettavo fin dalla prime notizie dalla Cina. Secondo me avremmo dovuto reagire molto prima”. Nicol racconta come bagna le labbra dei pazienti “che con gli occhi ti ringraziano”. I contagiati più gravi non riescono a parlare, ma gli operatori trovano il modo di comunicare. “Uno sguardo, la rotazione del capo, il movimento di una mano ti fa capire se il paziente vuole essere sollevato oppure girato su un fianco o se respira male” spiega Gianfranco, infermiere da 30 anni.
Il direttore sottolinea che “il covid “cuoce” tutti gli organi, non solo il polmone e li fa collassare”, ma il reparto applica un protocollo basato sul cortisone che ha salvato una novantina di contagiati. Annamaria è una delle sopravvissute, ancora debole. Finalmente mangia da sola un piattino di pasta in bianco e con un mezzo sorriso annuncia la vittoria: “Il 7 maggio compio 79 anni”.
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29 dicembre 2010 | | reportage
Gli occhi della guerra a Trieste
Dopo aver portato la mostra su 25 anni di reportage di guerra in tutta Italia, finalmente il 29 dicembre è stata inaugurata a Trieste, presso la sala espositiva della Parrocchia di Santa Maria Maggiore, via del Collegio 6. Gli occhi della guerra sono dedicati ad Almerigo Grilz e a tutti i giornalisti caduti sul fronte dell'informazione. La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 10 al 20 gennaio. L'evento è stato organizzato dal Circolo universitario Hobbit con la sponsorizzazione della Regione.
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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento |
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale
Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio
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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento |
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.
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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento |
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra
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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento |
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea.
Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.
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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento |
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo
I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti.
“Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale.
I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria.
Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa.
In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo.
“In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani.
Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.
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