image
Reportage
08 settembre 2021 - Prima - Afghanistan - Il Giornale
“Io arrestato e liberato dai talebani La mia sola colpa? Aver documentato le proteste di Kabul”
Kabul
La sparatoria infuocata e le botte che disperdono il corteo di uomini e donne coraggiosi che manifestano contro il nuovo Emirato e per la democrazia non è la fine, ma l\\\\\\\'inizio di una disavventura nelle mani dei talebani. Sapevo bene come andava a finire e non potevo tagliare la corda, ma dovevo filmare le fucilate dei talebani. Durante gli spari un miliziano dell\\\\\\\'Amyati mili, le forze di sicurezza del nuovo Emirato equipaggiate come gli americani, si avventa sul mio telefonino, che ha filmato tutto. La lotta è furiosa, ma non mollo la presa e mi lancio in mezzo alle donne terrorizzate e accovacciate a terra perché so che non mi correrà dietro in mezzo a decine di afghane velate e urlanti per la paura.
Adesso arriva la parte più difficile: vestito alla talebana spero di dileguarmi grazie al caos. Gian Micalessin è cinque metri più avanti con il nostro fido interprete afghano. Un barbuto comandante talebano mi squadra in cagnesco e grida: «Giornalista!». I suoi uomini mi afferrano e non c\\\\\\\'è verso di esibire passaporto italiano e permesso dell\\\\\\\'Emirato islamico. I talebani mi rinchiudono in uno dei loro fuoristrada trasformato in cellulare dove incontro un altro «catturando», il giornalista norvegese Anders Hammer. Un talebano gli ha assestato una brutta botta sul braccio con il calcio di kalashnikov. Dopo il primo momento del bastone arriva la carota con un altro comandante che arriva e accende l\\\\\\\'aria condizionata per farci stare meglio. Fuori dal finestrino va in scena il caos di pestaggi, arresti e ammanettanti dei manifestanti. Anche altri giornalisti sono stati fermati e mi trasferiscono sul retro di un fuoristrada zeppo delle falangi dell\\\\\\\'Emirato. Un talebano mi guarda come se volesse tagliarmi la gola. Un altro mi aiuta a stare più comodo.
La colonna dei prigionieri arriva in una base della capitale dove, appena scesi a terra, ci sequestrano l\\\\\\\'attrezzatura e ci provano anche con la mascherina. Non è la prima volta che vengo arrestato in Afghanistan o in situazioni critiche e per questo avevo già nascosto il telefonino con le immagini in una scarpa.
Seduti tutti in fila a terra vedo che i manifestanti hanno i polsi segati dai legacci di plastica. Qualcuno è insanguinato e pieno di lividi per i pestaggi. Quasi tutti giovani, anche se circola voce che alcuni manifestanti siano stati pagati da non ben identificate «forze straniere», forse gli indiani. L\\\\\\\'obiettivo era provocare la reazione armata il giorno della proclamazione del nuovo governo, duro e puro, dell\\\\\\\'Emirato. Un talebano mi porta una bottiglia d\\\\\\\'acqua, ma accanto ho un ragazzo con i polsi legati dietro la schiena e i segni delle botte, che sta soffrendo di più per la sete. Gli verso l\\\\\\\'acqua in bocca e non finisce più di ringraziare.
Uno degli organizzatori della protesta, ammanettato, si alza in piedi e protesta per l\\\\\\\'arresto. Il comandante talebano che ci stava facendo la predica si avvicina e lo prende per i capelli con violenza. Poi lo fa portare via sibilando: «Ti ammazziamo». Il tempo passa e i talebani si accorgono che fra i fermati ci sono anche degli afghani che erano in fila per riscuotere i pochi soldi concessi dalle banche. I poveretti si sono trovati per caso in mezzo alla manifestazione interrotta dalla sparatoria. Li dividono dagli altri chiedendo come prova il conto corrente.
Dopo un paio d\\\\\\\'ore ci trasferiscono, quattro giornalisti, nel salotto del comandante, un giovanotto alto con turbante nero che parla inglese. E dichiara subito che la manifestazione di protesta non «era autorizzata». Gli spiego che stavo filmando proprio i suoi uomini a un posto di blocco quando è arrivato il corteo. E lo abbiamo solo seguito fino alla sparatoria. Il giornalista norvegese si lamenta del braccio ammaccato e il comandante sostiene che i suoi uomini «devono avervi scambiati per manifestanti». In realtà c\\\\\\\'era la «caccia» ai giornalisti per non far circolare le immagini della repressione violenta. Alla fine quasi si scusa per l\\\\\\\'arresto, ci riconsegna l\\\\\\\'attrezzatura e insiste per un invito a pranzo, che decliniamo con gentilezza. Di nuovo libero penso: per fortuna hanno sparato sopra le teste dei manifestanti e non ad altezza d\\\\\\\'uomo.
[continua]

video
24 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia1 | reportage
Gli orfani di Kabul
Gli orfani di Kabul

play
28 ottobre 2012 | TG5 | reportage
Afghanistan: un botto e la polvere dell'esplosione che invade il blindato
L’esplosione è improvvisa, quando meno te l’aspetti, lungo una pista arida, assolata e deserta. I soldati italiani si sono infilati fra le montagne di Farah nell’Afghanistan occidentale infestato da talebani. Una colonna di fumo alta una quindicina di metri si alza verso il cielo. Il tenente Davide Secondi, 24 anni, urla alla radio “siamo saltati, siamo saltati” su un Ied, le famigerate trappole esplosive disseminate dai talebani. Non hai neppure il tempo di capire se sei vivo o morto, che la polvere invade il super blindato Cougar fatto apposta per resistere a questi ordigni. E’ come se la mano del Dio talebano afferrasse il bestione da 14 tonnellate in movimento fermandolo come una macchinina giocattolo. A bordo siamo in cinque ancorati ai sedili come in Formula uno per evitare di rimbalzare come birilli per l’esplosione. La più esposta è Mariangela Baldieri, 24 anni, del 32° genio guastatori alpini di Torino. Addetta alla mitragliatrice, metà del corpo è fuori dal mezzo in una torretta corazzata. Si è beccata dei detriti e sul primo momento non sente dall’orecchio destro. Almeno venticinque chili di esplosivo sono scoppiati davanti agli occhi di Alessio Frattagli, 26 anni, al volante. Il caporal maggiore scelto Vincenzo Pagliarello, 31 anni, veterano dell’Afghanistan, rincuora Mariangela. Siamo tutti illesi, il mezzo ha retto, l’addestramento dei guastatori ha fatto il resto. Cinquanta metri più avanti c’era un’altra trappola esplosiva. Il giorno prima a soli venti chilometri è morto in combattimento l’alpino Tiziano Chierotti. La guerra in Afghanistan continua.

play
18 maggio 2010 | Matrix | reportage
Morire per Kabul?
La guerra di pace dei soldati italiani, che non possiamo perdere. Nuove offensive, negoziati con i talebani e la speranza del disimpegno fra baruffe politiche e provocazioni. Una trasmissione difficile, mentre gli ultimi due alpini caduti stavano rientrando in patria.

play
[altri video]
radio

02 novembre 2009 | SBS Radio Italian Language Programme | intervento
Afghanistan
La crisi elettorale
Dopo il boicottaggio del secondo turno di Abdulla Abdullah, il rivale tajiko del presidente pasthun Hamid Karzai

play

05 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - La base nel deserto
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines

play

27 maggio 2008 | Radio R101 TGcom | intervento
Afghanistan
I soldati italiani in Afghanistan potranno combattere
Il governo italiano ha annunciato il cambiamento dei caveat, gli ordini nazionali che limitano gli interventi del nostro contingente in Afghanistan. La zona a sud della cosiddetta "cintura" pasthun, il serbatoio etnico dei talebani, è la più calda. I soldati italiani potrebbero essere chiamati ad intervenire in quest'area.

play

21 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ I primi risultati nel distretto di Bala Baluk
L’Afghanistan ha vinto la “battaglia” per il voto”. Anche nelle zone più a rischio, come la provincia di Farah, i talebani non sono riusciti a far saltare in aria le elezioni. Nonostante molti seggi siano rimasti chiusi. I primi conteggi indicano che gli afghani, nella zona calda di Bala Baluk, hanno votato per il presidente in carica Hamid Karzai. La sicurezza garantita dai paracadutisti della Folgore è stata determinante. I baschi amaranto della 6° compagnia Grifi presidiavano a distanza i soli 5 seggi aperti su 30 del turbolento distretto. Dove hanno votato 862 afghani. Ben oltre la metà, 569, per Karzai. Secondo, con 121 voti, il rivale pasthun del presidente in carica Ashraf Ghani Ahmadzai. Seguito dal tajiko Abdullah Abdullah con 105 voti. Frozan Fana, candidata donna, ha ottenuto 2 voti in un’area dove esiste solo il burqa. Si è votato anche a Chakab. Non un paesino qualunque, ma il villaggio dove è nato Said Ayub il governatore ombra degli insorti nella provincia di Farah. Centoventicinque elettori, su 600 registrati, hanno sfidato le minacce talebane andando a votare nella piccola moschea di Chakab. I voti per Karzai sfiorano il 90%. Comunque non è stata una passeggiata. Nelle ultime 36 ore nel settore occidentale dell’Afghanistan, comandato dal generale della Folgore, Rosario Castellano, sono stati registrati 22 attacchi. Compresi tre razzi lanciati contro Tobruk, la base avanzata italiana a Bala Baluk. Il più vicino è esploso a 150 metri da una torretta di sorveglianza. Fausto Biloslavo da base Tobruk, provincia di Farah Per Gr24 il sole 24 ore

play

31 gennaio 2003 | Gr24 - Radio 24 | intervento
Afghanistan
La "bomba sporca" di Bin Laden
Osama bin Laden è in possesso di una bomba atomica sporca secondo fonti del governo inglese. L'ordigno sarebbe stato confezionato ad Herat nell'Afghanistan occidentale prima dell'intervento militare alleato. Lo ha rivelato l'emittente britannica BBC basandosi su informazioni dei servizi sergeti di Londra. Un ulteriore conferma è giunta dagli interrogatori di Abu Zubaida, il responsabile dei campi di addestramento di bin Laden in Afghanistan, catturato nel vicino Pakistan dagli americani. Una bomba atomica sporca è un ordigno composto da esplosivo comune, ma circondato da sostanze radioattive. I talebani avrebbero collaborato alla sua confezione fornendo isotopi radioattivi per uso medico. Quando la bomba esplode polverizza il materiale radioattivo, che contamina una vasta area circostante. Dall'Afghanistan giungono oggi altre notizie drammatiche. Una mina anticarro piazzata su un ponte, una decina di chilometri a sud dall'ex roccaforte talebana di Kandahar ha ucciso 18 civili. Le vittime viaggiavano su un autobus e le autorità afghane sospettano che si tratti di un attentato degli integralisti. I resti dei talebani e di al Qaida si sono alleati con le forze fondamentaliste del signore della guera afgana Gulbuddin Hekmatyar formando le Brigate dei martiri islamici. Un'ulteriore minaccia che dimostra come l'Afghanistan sia sempre in bilico fra pace e guerra.
Fausto Biloslavo
per Radio 24 Il Sole 24 ore

play

[altri collegamenti radio]




fotografie







[altre foto]