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Reportage
18 settembre 2021 - Attualità - Afghanistan - Il Giornale
A Kandahar tra miseria, incertezza e terrore “Qui le vendette talebane sono già iniziate”
Fausto Biloslavo
e Gian Micalessin
Kandahar (Afghanistan) A mezzogiorno Shahid Dan, la piazza dei martiri, è un inferno. Donne in burqa spingono le figliolette, trasformate in questuanti. Bimbi e anziani in bici arrancano tra gas di scarico che bruciano la gola, mentre branchi di mostruosi e variopinti «Apecar» adibiti a taxi si contendono i clienti. In questo girone infernale, arroventato da un sole a 45 gradi, una rotonda ombreggiata custodisce le tombe dei combattenti caduti per mano di russi, inglesi e americani. E sopra le tombe di tre diversi secoli un\'enorme bandiera bianca con i versi della «shahada», la professione di fede in Allah e nel Profeta, annuncia il nuovo ordine politico e religioso. Ma a Kandahar i talebani non possono accontentarsi di far garrire le bandiere. Nell\'antica capitale culla del proprio potere i talebani hanno bisogno di offrire segnali forti. Il più forte resta, per ora, quello annunciato dalla sirena della «guardia nazionale» che a mezzogiorno fende il traffico con una ventina di pick-up verde militare. Mentre automobili, biciclette e questuanti si fanno da parte, i gendarmi seduti sul cassone con i mitra spianati fendono il catino rovente. Ma davanti ai giornalisti ecco il corteo frenare, mettersi da parte. Qualcuno abbassa l\'obbiettivo per metter mano a passaporti e accrediti dell\'emirato. Non è un controllo, bensì un invito. Fedeli alle istruzioni dei propri capi, i militari esibiscono il volto gentile da «tale-buoni». «Salite vi portiamo con noi», urla sorridente un ufficiale. Così obbiettivi e telecamere si mescolano ai kalashnikov mentre la sarabanda armata e mediatica attraversa la città.
Le esibizioni di forza sono anche il segnale della debolezza di un regime capace, fin qui, di offrire ben poco a gran parte della popolazione. Qui a Kandahar, oltre a non aver pagato mezzo stipendio ai dipendenti statali, come nel resto del paese, hanno diffuso ansie e paure. Il ventilato esproprio di centinaia di abitazioni, occupate da un ventennio dai funzionari statali, sta moltiplicando i timori di un\'imminente vendetta nei confronti di chi lavorava per gli esecutivi legati agli americani. Un timore che si fa terrore tra quanti hanno familiari all\'estero. «Qui le vendette sono già iniziate. Da quando mio fratello è fuggito non fanno altro che minacciare di sequestrarmi la casa», racconta Abdul, fratello di un ex-funzionario governativo riparato in Europa.
A rendere tutto più incerto contribuiscono le divisioni del movimento sfociate, secondo le voci, in uno scontro armato tra le fazioni alqaidiste legate al clan del ministro degli Interni Sirajuddin Haqqani e il vice-premier Mullah Abdul Ghani Baradar, icona di un presunto nuovo corso moderato. Uno scontro in cui sarebbero volati i proiettili e da cui Baradar sarebbe uscito malconcio. Nur Mohammad Said, il ministro dell\'informazione per la provincia di Kandahar, ovviamente nega tutto. «Noi talebani - spiega a Il Giornale - siamo una grande famiglia, abbiamo delle difficoltà, ma siamo uniti. Il Mullah Baradar sta bene ed è qui a Kandahar». Sul fatto che sia vivo c\'è da credergli. La sera prima lo stesso Nur Mohammad Said, improvvisatosi giornalista, ha intervistato Baradar per conto della tv afghana. Ma proprio la presenza del vice premier a Kandahar, anziché in una Kabul sotto il giogo degli Haqqani, fa capire quanto incerti siano i rapporti di forza interni al movimento. Sulla scena di Kandahar non si è ancora palesato quel «leader spirituale» Hibatullah Akhundzada a cui spetterebbe il ruolo di Suprema Guida. Un\'assenza intorno alla quale si addensano le voci di una morte prematura o di una forma di Covid. Ma la debolezza di Baradar rischia di cancellare le speranze di un presunto governo «inclusivo». E con esse la disponibilità del ricco Qatar a garantire il patrocinio politico-economico di un Emirato condannato, di questo passo, a ritrovarsi confinato nei recinti dell\'antica, ma miserabile Kandahar.
[continua]

video
28 agosto 2008 | Studio Aperto | reportage
Afghanistan: italiani in guerra
Studio aperto, Tg1 e Tg2 hanno lanciato il nostro servizio esclusivo di Panorama sui soldati in guerra in Afghanistan. Le immagini che vedete non sono state girate da me o da Maki Galimberti che mi accompagnava come fotografo, come dicono nel servizio, bensì dagli stessi soldati italiani durate la battaglia di Bala Murghab.
Di seguito pubblico il testo che ho ricevuto dai coraggiosi cineoperatori con l'elmetto: "Nei giorni dell’assedio di Bala Murghab il 5,6,7 e 8 agosto, con i fucilieri della Brigata Friuli erano presenti anche quattro militari Toni T. , Francesco S. , Giuseppe N. , Giuseppe C. , tutti provenienti dal 28° Reggimento “Pavia” di istanza Pesaro. È stato proprio il C.le Mag.Sc. Francesco S. a girare le immagini che vedete con una telecamera di fortuna, in condizioni difficili e con grande rischio personale.Infatti tra i compiti assolti dal 28° Reggimento di Pesaro c’è proprio la raccolta di informazioni e documentazioni video sulle operazioni di prima linea".

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29 luglio 2015 | Sky Tg24 | reportage
Omar il fantasma
“Mullah Omar, il capo dei talebani, è morto nel 2013” rivela il governo di Kabul, ma sulla sua fine aleggia il mistero. Il leader guercio dei tagliagole afghani, dato per morto tante volte, è sempre “resuscitato”. Questa volta, per Omar il fantasma, potrebbe essere diverso. Abdul Hassib Seddiqi, portavoce dell’Nds, l’intelligence di Kabul ha sostenuto in un’intervista al New York Times che l’imprendibile mullah “è morto due anni fa in un ospedale alla periferia di Karachi, città pachistana”. Sicuramente l’Isi, il potente servizio segreto militare di Islamabad, aveva idea di dove fosse. Non è escluso che il capo dei talebani sia stato un sorvegliato speciale, praticamente agli arresti domiciliari, a Qetta, capoluogo della provincia pachistana del Baluchistan al confine con l’Afghanistan. Un ex ministro dei talebani ha dichiarato ieri, in cambio dell’anonimato, che il mullah “è morto due anni e 4 mesi fa di tubercolosi e poi sepolto in Afghanistan” in gran segreto.

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14 marzo 2007 | L'Infedele - La7 | reportage
Afghanistan, la guerra impossibile
Afghanistan, la guerra impossibile

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radio

24 gennaio 2008 | Rai Radio3 | intervento
Afghanistan
Afghanistan: stiamo perdendo?
Giancarlo Loquenzi ne parla con: Adriana Cerretelli, giornalista, corrispondente da Bruxelles de Il Sole 24 Ore; Fausto Biloslavo, giornalista di guerra, scrive per i quotidiani Il Giornale, Il Foglio ed il settimanale Panorama; Emanuele Giordana, giornalista di Lettera22 autore del libro "Afghanistan, il crocevia della guerra alle porte dell'Asia", Editori Riuniti 2007; Gianandrea Gaiani, esperto di strategie militari.

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13 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ La "tregua" di Bala Murghab
La vallata di Bala Murghab, nella provincia di Badghis, è il fronte nord dei soldati italiani schierati nell’Afghanistan occidentale. Da fine maggio i parà della Folgore hanno sostenuto 15 scontri costati una dozzina di feriti. I talebani uccisi sono diverse decine. Le storie di guerra dei parà del 183° reggimento Nembo si sprecano: ad Eduardo Donnantuono un proiettile di kalashnikov ha centrato l’elmetto. Quando è uscito dal blindato il suo volto era una maschera di sangue, ma la pallottola gli ha fatto solo un graffio sulla testa. Pochi millimetri più in là e sarebbe morto. Ad Alessandro Iosca, un parà romano di 23 anni, un proiettile ha bucato il braccio. Si è rimesso in sesto è tornato in prima linea a Bala Murghab con la sua unità. Dopo due mesi e mezzo di aspri combattimenti gli anziani dei villaggi hanno convinto il governo afghano ed i talebani a concordare la “nafaq.”. Una specie di tregua in vista delle elezioni. L’esercito afghano si è ritirato ed i talebani hanno smesso di attaccare gli italiani. Il comandante dei parà di Bala Murghab, colonnello Marco Tuzzolino, però, preferisce parlare di “pausa operativa”. Sul voto per le presidenziali e provinciali del 20 agosto, Nimatullah, capo villaggio vicino agli insorti, con il barbone nero come la pece, assicura che dei 33 seggi previsti almeno 27 apriranno regolarmente. Quasi tutti nelle zone controllate dai talebani. Fausto Biloslavo Afghanistan occidentale per Radio 24 Il Sole 24 ore

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08 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - Cowboy road la strada dei kamikaze
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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26 febbraio 2010 | SBS | intervento
Afghanistan
Bacha bazi: piccoli schiavi del sesso
In Afghanistan molti ragazzini vengono venduti e trasformati in schiavi sessuali da signori della guerra o personaggi facoltosi. I bacha bazi sono minori che vengono vestiti da donna e ballano per un pubblico di soli uomini. Il servizio del giornalista Fausto Biloslavo.

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14 novembre 2001 | Radio 24 Linea 24 | reportage
Afghanistan
Le prigioniere sparite
Un centinaio di donne, prigioniere dei talebani, sarebbero sparite dalle segrete di Kabul. Portate via dai loro aguzzini per usarle come schiave.

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