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22 maggio 2024 - Esteri - Mondo - Panorama
Vite impoverite
“Mi reputo una persona fortunata: ho fatto il lavoro che desideravo e che mi ha consentito di viaggiare in tutto il mondo, di conoscere tante persone che sono poi la vera ricchezza di chi fa il nostro mestiere, raccontare la guerra attraverso le loro storie. E forse per questo oggi combatto la mia battaglia senza grandi rimpianti”. Franco Di Mare, 69 anni a luglio, inviato di guerra e conduttore Rai, risponde per iscritto alle domande di Panorama. Un cancro gli ha portato via i polmoni e parla a fatica. Nel naso ha sempre un tubicino trasparente collegato a un respiratore portatile. Il killer invisibile deve essersi infilato nel suo organismo sui campi di battaglia della Jugoslavia che cadeva a pezzi negli anni novanta.
Una bomba ad orologeria scoppiata nel 2021. “All’inizio non ho collegato il mesotelioma alla mia attività di inviato di guerra. Poi i medici mi hanno spiegato che si manifesta a distanza di 25/30 anni dall’inalazione dell’asbesto e allora ho iniziato a collegarlo alle missioni - racconta Di Mare -  Ho ripensato a quando in Bosnia, con il mio operatore, dormivamo in fabbriche diroccate o si arrivava su un luogo dove poco prima le bombe avevano raso al suolo edifici e il pulviscolo era ancora sospeso nell’aria”. Nessuno aveva avvisato i giornalisti di proteggersi dall’amianto in zona di guerra. I numeri delle vittime del killer invisibile in Italia, secondo l’Osservatorio nazionale, fanno paura: negli ultimi 10 anni sono morte 60mila persone. Nel 2023 i decessi erano 7mila e sono stati registrati 10mila nuovi malati. Di Mare sottolinea che l’amianto è ancora presente in 2.500 scuole, 1.500 biblioteche ed edifici culturali e almeno 500 ospedali. “Tutti gli esperti che ho consultato non hanno esitato a far risalire alle mie esperienze nei Balcani l’origine della malattia - spiega il giornalista - Lo dico per i colleghi che si trovano anche oggi in zone di guerra, magari ignari che esiste questo killer che uccide a distanza di tempo”.
La Rai ha fatto spallucce fino alle interviste-denunce dell’ex inviato. Messaggi, mail, telefonate rimasti lettera morta o peggio. “Mai avrei pensato che di fronte a una vicenda di salute grave di un suo dipendente si dileguassero tutti” denuncia Di Mare, che si sente “molto più che tradito. La Rai per quelli della mia generazione non è stata solo un’azienda per cui lavorare, ma una missione. La missione del servizio pubblico”.
Fabrizio Salini, amministratore delegato nel 2021, aveva risposto a Di Mare che chiedeva aiuto: “Da te non accetto lezioni di umanità”. Il giornalista punta il dito su “ben due amministratori delegati, il capo del personale, quello dell’ufficio legale. Spariti tutti”. Gli attuali vertici  “hanno appreso della vicenda”  quando il caso è esploso sui media. Il 7 maggio "è stata inviata a Franco Di Mare la documentazione che aveva richiesto” ha dichiarato l’ad Roberto Sergio.
Un altro killer invisibile dei campi di battaglia, che ha colpito sopratutto i militari, è l’uranio impoverito. Pure per loro è un calvario non solo la malattia, ma ottenere il dovuto riconoscimento dallo Stato. Il colonnello dei paracadustisti, Danilo Prestia, non si è mai tirato indietro: 13 missioni dalla Somalia, alla Bosnia, al Kosovo, fino all’Afghanistan e all’Iraq.
Oltre alle attività umanitarie (Cimic) “ho avuto scontri a fuoco, agguati con lancio di Rpg (razzi controcarro nda) contro il mio automezzo, pallottole che mi sono fischiate a pochi centimetri” racconta Prestia con un filo di voce. “In qualcuna di queste missioni, probabilmente nei Balcani dove ne è stato fatto larghissimo uso, o anche in Iraq o in Afghanistan chissà - spiega  - sono entrato in contatto respirando o ingerendo le nanoparticelle di metalli pesanti che si formano con l'utilizzo di proiettili di uranio impoverito”. Anche lui, come Di Mare, è costretto ai tubicini nel naso, dopo aver contratto un carcinoma renale, che fin dai primi esami risultava zeppo di nanoparticelle composte di metalli fusi assieme come alluminio, nichel, cromo, zirconio, ferro, fosforo, silicio, zolfo. Gli americani hanno utilizzato in abbondanza i proiettili all’uranio impoverito nelle zone che Prestia percorreva ogni giorno per mesi.
“Dopo avere inoltrato la richiesta di riconoscimento della mia patologia, per l'impiego in missione, il ministero della Difesa ha negato la sussistenza” ammette con un velo di tristezza. I suoi ultimi anni sono scanditi “dalle sveglie del telefonino che mi ricordano i vari farmaci da assumere perché soffro di fortissimi e costanti dolori ai muscoli e alle articolazioni. E ho bisogno dell'ossigeno tutta la notte e parte della giornata”.
La battaglia legale va avanti, ma resta la rabbia per “lo schiaffo ricevuto da un Esercito, da una famiglia, per cui ho lavorato con dedizione, sudore e rischio della vita per oltre 40 anni”. Adesso lo stanno dilaniando “delle nanoparticelle invisibili di metalli pesanti da uranio impoverito da cui non posso difendermi. Solo attendere, inerme, se fra un po' di tempo, nei grafici dei convegni, sarò inserito nella colonna, generalmente rossa, dei deceduti”.
L’Osservatorio militare di Domenico Leggiero, che dal 2000 ha sollevato il velo del tabù sull’uranio impoverito, evidenzia i dati: 9568 malati accertati e 684 decessi. “Da militare ho sempre la speranza che non si arrivi in tribunale - dichiara a Panorama -  Auspico che destra e sinistra trovino assieme una soluzione su un protocollo ben definito per riconoscere la vittima dell’uranio impoverito. Nell’ambiguità si nascondono anche finti malati e pure interessi di legali senza coscienza”.
Roberto De Luca, ex maresciallo del corpo militare della Croce rossa, è tutt’altro che finto a tal punto che la Difesa lo aveva già dato per morto. “Ho partecipato a numerose missioni in teatri di guerra nell’ex Jugoslavia, in Albania e Iraq dove sono venuto a contatto con l’uranio impoverito - racconta a Panorama - Nel 2011 il ministero della Difesa ha mandato una raccomandata a casa annunciando il mio decesso. L’ha aperta mia moglie che mi ha subito chiamato al telefonino dicendo “ciao, sei vivo?””. Nella raccomandata si legge: “Si comunica che la Sua pratica (…) di riconoscimento alla dipendenza dell’infermità che ha causato il decesso di Suo marito (…) è stata inviata al Comitato di Verifica per le Cause di Servizio”. Fra il 2003 e 2004 il maresciallo capo rientrato da Baghdad scopre i primi noduli alla tiroide e conseguente morbo di Basedow grave. Per questo deve operarsi agli occhi rischiando la cecità. Lo stesso funzionario amministrativo, che lo aveva dato per morto, pochi mesi dopo firma una nuova missiva sostenendo che la malattia non dipende da cause di servizio. De Luca va in tribunale e vince su tutta la linea, ma ancora oggi attende il rispetto della sentenza. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, si è impegnato a sbloccare il caso.
Luca Gatti, brigadiere dei carabinieri in congedo nel ruolo d’onore, è un ex del reggimento Tuscania. Il primo turno in Bosnia l’ha fatto nel 1996 pochi mesi dopo la fine delle ostilità e dei bombardamenti dei caccia Usa con proiettili all’uranio impoverito. Uno degli obiettivi era l’ex ospedale militare di Zedra utilizzato dai serbi come postazione di tiro. “Abbiamo spalato le macerie per adibirlo a base e alloggio. E lo hanno fatto tutti i soldati italiani della missione. Il pulviscolo si sollevava e respiravamo la polvere inalando i metalli pesanti” ricorda l’ex carabiniere paracadutista. Dell’uranio impoverito non si sapeva nulla, ma Gatti pattugliava giorno e notte le aree alle porte di Sarajevo bombardate e contaminate come l’ex fabbrica della Volkswagen. “Nel 2002, in Afghanistan arriva il primo sintomo con un’emorragia al colon - racconta - Poi gli esami hanno scoperto che la zona compromessa era intrisa di metalli pesanti”. Il brigadiere viene riconosciuto vittima del dovere, ma deve ingaggiare una battaglia legale con il ministero dell’Interno non ancora conclusa. “Di recente sono insorti problemi neurologici - rivela - Ho il morbo di Parkinson di tipo tossico sempre a causa dall’esposizione a metalli pesanti e all’inquinamento bellico”.
Simone Casillo era un ragazzone di 20 anni arruolato nel 1999. Un fante, che faceva il centralinista nella caserma Lolli Ghetti di Trani. La base era un punto di “fermo mezzi e materiali” provenienti dal Kosovo e il centralino si trovava proprio di fronte. L’11 settembre scatta l’allarme terrorismo e per Simone, alto due metri e dieci, non hanno un giubbotto antiproiettile della sua misura. Allora tirano fuori un giubbotto arrivato dal Kosovo “zeppo di polvere nera” racconta Mafalda, la battagliera sorella. In seguito gli trovano una macchia al torace durante una visita medica. La Tac conferma una massa tumorale. “Un linfoma di Hodgkin diventato un calvario che ha portato via mia fratello a 23 anni” spiega la sorella. Dopo la sua morte “un ufficiale, in forma anonima, mi ha detto: “Faccia dei controlli perchè potrebbe essere vittima dell’uranio impoverito. La caserma è oggetto di ispezioni”. La biopsia ha rilevato la forte presenza di metalli pesanti: uranio, piombo, torio. Mafalda si infuria perchè il comandante di Simone lo aveva definito “un pezzo difettoso” e anche in famiglia un generale sosteneva che “non esiste la sindrome dei Balcani”. Leggiero adotta il caso. “Abbiamo iniziato una causa e nel frattempo l’esercito ha risposto con due dinieghi - dichiara Mafalda - ma andremo avanti fino in fondo per ridare dignità a mio fratello, il "pezzo difettoso””.
Fausto Biloslavo
[continua]

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12 ottobre 2017 | Tele Capodistria | reportage
Gli occhi della guerra
"Gli occhi della guerra" sarà questo il tema della prossima puntata di Shaker, in onda venerdì 13 ottobre alle ore 20. Nostro ospite FAUSTO BILOSLAVO, giornalista di guerra che, in oltre 35 anni, ha vissuto e raccontato in prima persona la situazione su tutti i fronti più caldi: Libano, Afghanistan, Iran, Iraq, ex Jugoslavia... e ultimamente Ucraina, Libia, Siria... Cosa vuol dire fare il reporter di guerra? Com'è cambiato questo "mestiere"? Perchè è ancora così importante? Come mai tanti giovani vogliono farlo? Quali consigli dargli? Tante le domande cui cercheremo di dare risposta. If you LIKE it, please SHARE it!!!

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16 giugno 2016 | Tgcom24 | reportage
Gli occhi della guerra, l’arte imperitura del reportage
Presentazione Gli occhi della guerra e del documentario "Profughi dimenticati" dal nord dell'iraq

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18 ottobre 2019 | Sna | reportage
100 anni degli agenti di assicurazione
Il palco del Centenario Sna ha accolto anche Fausto Biloslavo, oggi certamente il più famoso e tenace reporter di guerra. Attraverso fotografie e filmati tratti dai suoi reportage nelle zone dei conflitti, Biloslavo ha raccontato la sua vicenda professionale, vissuta fra pericoli e situazioni al limite del disumano, testimonianfo anche l’orrore patito dalle popolazioni colpite dalla guerra. Affrontando il tema del coraggio, ha parlato del suo, che nonostante la quotidiana esposizione della sua vita a rischi estremi gli permette di non rinunciare a testimoniare la guerra e le sue tragiche e crudeli conseguenze. Ma il coraggio è anche di chi la guerra la subisce, diventando strumento per l’affermazione violenta delle ragioni di parte, ma non vuole rinunciare alla vita, alla speranza. E lottare per sopravvivere richiede grande coraggio. Sebbene possa sembrare un parallelo azzardato, lo stesso Biloslavo, spiega che il coraggio è sostenuto dalla passione, elemento necessario in ogni attività, in quella del reporter di guerra come in quella dell’agente di assicurazione. Il coraggio serve per cominciare da zero, ma anche per rialzarsi quando si è colpiti dalle difficoltà o per adattarsi ai cambiamenti, è il messaggio di Biloslavo alla platea del Centenario.

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17 dicembre 2018 | Tracce Radio Rai FVG | intervento
Mondo
Guerra guerra guerra
35 anni di reportage in prima linea

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08 dicembre 2010 | Nuova Spazio Radio | intervento
Mondo
La fronda di Wikileaks
Oltre alle manette Julian Assange, fondatore di Wikileaks, deve preoccuparsi delle diserzioni della sua ciurma di pirati informatici e sostenitori. Negli ultimi mesi Assange ha perso per strada il suo braccio destro, il tedesco Daniel Domscheit-Berg ed Herbert Snorrason, il giovane hacker che teneva in piedi il sito nel “rifugio” islandese. Domscheit-Berg, ex hacker, è stato il principale portavoce di Assange per tre anni, con il nome falso di Daniel Schmitt. Ispiratore del Chaos computer club, una comunità di pirati informatici, ha cominciato ad entrare in rotta di collisione con il capo per le rivelazioni dei rapporti militari sulla guerra in Afghanistan. Non solo: Wikilekas sta operando in maniera così segreta da assomigliare sempre più alle intelligence che intende mascherare. In Islanda la perdita più grave è quella della parlamentare Birgitta Jonsdottir, un’entusiasta della prima ora di Wikileaks. La deputata. che andrebbe d’accordo con Beppe Grillo, si batte per far passare una legge che trasformerebbe l’isola nel miglior rifugio per gente come Assange. Anche molte associazioni noprofit hanno preso le distanze, quando ha pubblicato i documenti della guerra in Afghanistan. Il discusso guru informatico non ha voluto emendare i nomi dei collaboratori della Nato, che adesso rischiano la vita. Prima fra tutti, a mollare l’australiano, è stata l’organizzazione di giornalisti, che pende a sinistra, Reporter senza frontiere.

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25 agosto 2010 | Radio 24 | intervento
Mondo
Professione: Reporter di guerra
"NESSUN LUOGO E' LONTANO" è il nuovo programma di approfondimento di esteri di Radio 24. Giampaolo Musumeci parla della professione reporter. Come si racconta la guerra? Esiste un modo giusto? Come si fa il giornalista di guerra e come è cambiato il mestiere? Le testimonianze di chi lo ha fatto per anni e chi lo fa tuttora.

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22 ottobre 2009 | Radio24 | intervento
Mondo
Libertà di stampa
In Italia la libertà di stampa è sempre più in pericolo per colpa del solito Cavalierenero,mentregli Stati Uniti fanno unbalzo in avanti graziealnuovomessiademocraticoBarack Obama. Lo stabilisce l’annuale rapportodiReporterssansfrontières, i giornalisticonil nasino all’insùche considerano l’Italia alla stregua di Bielorussia e Zimbabwe. Politicamentecorretti, hannoelevatogliStati Uniti dal 40˚ posto al 20˚, solo perché non c’è più George W. Bush. E declassato l’Italia al 49˚. Obama ha incassato un Nobel per la pace preventivoeconquistatol’aureola della libertà di stampa.Nonche negli Usa mancasse, ma è curioso che il 15 maggio proprio i Reporter senza frontiere (Rsf) lanciavano strali contro il nuovo inquilino della Casa Bianca. «L’organizzazione è delusa dalladecisionedelpresidente(Obama) diporreilvetosullapubblicazione delle 44 fotografie che ritraggono l’esercitoamericanomentreabusae torturai prigionieriafghanieiracheni », si legge inuncomunicato di Rsf. Jean-Francois Julliard, segretario generalediRsf,ammettechenelbalzoinavantidegliUsahacontato «l’effetto Obama». Peccato che la Casa Biancastiasparandocannonateverbalicontrola tvFoxNewsreadicriticare il presidente. «Non è più un organo di informazione», «li tratteremocome un partito d’opposizione» hanno tuonato i portavoce. La Fox è da tempo esclusa dalle interviste ad Obama, limitata nell’accesso alle fonti governative e ai suoi giornalisti vengononegate ledomandedurantegliincontriconlastampaallaCasa Bianca. L’editore dell’agguerrita tv è RupertMurdoch.Rsfnonsimobilita moltoper lasuaFoxnegli Usa,main Italialodifende,considerandolominacciato da Silvio Berlusconi. Sui 175 Paesi nella classifica sulla libertà di stampa siamo scivolati dal 35˚postodel 2007,quandoc’eraRomanoProdi, al44˚delloscorsoanno e al 49˚ odierno.Unabocciatura che nonsi capisce benecomesalti fuori. Nella classifica l’Italia si è beccata 12,4 voti negativi. I voti si basano su un questionario, che è stato consegnato a diverse decine di giornalisti, professoriuniversitari,attivistideidirittiumanieavvocatidelnostroPaese. Nonostante le richieste del Giornale la lista dei «giurati» è segreta. Peroraanchele12,4bacchettatesulla libertà di stampa non sono state ufficializzate. Sfogliando il facsimile delquestionarioèovviocheinItaliai giornalistinonvengonoammazzati, torturatiosbattutiincarcerebuttandovia la chiave.Comeaccadein Eritrea, inTurkmenistaneinIran,gliultimi tre Paesi della classifica di Rsf. Nonèmaicapitatocheleforzearmateoilgoverno abbianochiusoconla forza giornali o televisioni, come si chiede nel questionario. SecondoRsf«lepressionidelCavaliere sui media, le crescenti ingerenze », ma pure «le violenze di mafia controi giornalisticherivelano le attività di quest’ultima eundisegno di legge che ridurrebbe drasticamente lapossibilitàperimediadipubblicareleintercettazionitelefoniche, spiegano perché l’Italia perda posizioni per il secondo anno consecutivo». Julliard, capoccia dell’organizzazione, avevagiàannunciatoildeclassamento in occasione della manifestazione sulla libertà di stampa del 3 ottobre scorso a Roma. Al fianco di SabinaGuzzanti,lacomicaantiCav, minacciò:«Troppepressionisuimedia, SilvioBerlusconirischiadi finire nella lista dei predatori della libertà di stampa» come la mafia. «L’Italia nonguadagneràcertoposizioni»,avvertì. Il preveggente francese ha però sbagliato qualche calcolo. Il nostro Paeseèstato retrocessoancheper le querele miliardarie di Berlusconi a Repubblica e altri giornali. ScorrendolaclassificadiRsfsiscoprechesiamo stati battuti pure dal Sud Africa, piazzato al 33˚ posto. Peccato che il discutibile presidente sudafricano, JacobZuma,abbia querelato perun milione di dollari il vignettista JonathanShapiro. Nonsolo:unprogrammasulla satira è stato censuratodue volte in tv,maZuma,si sa, èpiù simpatico del Cav. www.faustobiloslavo.eu

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14 gennaio 2019 | Peter Pan Radio Rai FVG | intervento
Mondo
I bambini e la guerra
In 35 anni di reportage i drammi dei bambini, le vittime innocenti dei conflitti

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