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21 settembre 2017 | Matrix | reportage

Migranti in gabbia

Per i migranti la Libia è un inferno. In 7000 sono detenuti nei centri del ministero dell’Interno in condizioni impossibili. L’Onu e le Ong, che denunciano le condizioni miserevoli, dovrebbero parlare di meno e fare di più prendendo in mano i centri per alzarne il livello di umanità. E non utilizzare le condizioni di questi disgraziati come grimaldello per riaprire il flusso di migranti verso l’Italia. Non solo: Tutti i dannati che vedete vogliono tornare a casa, ma i rimpatri, organizzati da un’agenzia dell’Onu, vanno a rilento perché mancano soldi e uomini. E chi ce la fa esulta come si vede in questo video dei nigeriani che tornano in patria girato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Dietro le sbarre a Tripoli un migrante ci mostra i segni di percosse e maltrattamenti. Nel centro di detenzione di Triq al-Siqqa, il più grande della capitale libica, ci sono anche le donne, intercettate prima di raggiungere l’Italia, con i loro bambini nati nei cameroni, che protestano con le guardie per il cibo pessimo ed insufficiente. Il responsabile del centro di Triq al-Siqqa si scaglia contro l’Europa e parla di “visite dei ministri degli esteri di Germania, Inghilterra, delegazioni italiane…. tanto inchiostro sui documenti, ma poi non cambia nulla, gli aiuti sono minimi”. Ogni giorno arrivano al centro nuovi migranti fermati in mare, che ci provano ancora a raggiungere l’Italia. In Libia sono bloccate fra mezzo milione e 800mila persone, in gran parte vessate dai trafficanti, che attraggono le donne come Gwasa dicendo che in Italia i migranti “hanno privilegi, rifugio e cibo”. In agosto le partenze sono crollate dell’86% grazie ad un accordo con le milizie che prima proteggevano i trafficanti. Nei capannoni-celle di Garyan i migranti mostrano i foglietti di registrazioni delle loro ambasciate per i rimpatri, ma devono attendere mesi o anche un anno mangiando improbabile maccheroni. E non sono solo musulmani. Nel centro di detenzione costruito dagli italiani ai tempi di Gheddafi i dannati dell’inferno libico invocano una sola parola: “Libertà, libertà”.


articoli
21 aprile 2017 | Il Giornale | reportage
“Ricatti e costi gonfiati Vi racconto la verità sulla flotta buonista”
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07 aprile 2017 | Il Giornale | reportage
La guerra per controllare Sabha la porta d’ingresso per l’Europa
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27 aprile 2017 | Il Giornale | reportage
E l’invasione dalla Libia continua Quasi 37mila arrivi in soli 4 mesi
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27 settembre 2017 | Il Giornale | reportage
Le Ong insistono: un vertice a Tunisi per fare ripartire i barconi dalla Libia
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27 aprile 2017 | Panorama | reportage
Libia anche i rimpatri sono pilotati
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15 settembre 2017 | Il Giornale | reportage
Viaggio nell’inferno dei lager libici dove gli immigrati vivono in schiavitù
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11 agosto 2017 | Il Giornale | reportage
I finanziamenti sospetti e quelle carte passate dal senatore ex Pd La vera storia delle Ong
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[altri articoli]
radio

02 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
Una nube nera su tutta Tripoli

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29 aprile 2011 | Spazio Radio | intervento
Libia
Piegare Gheddafi e preparare l'intervento terrestre
Gli americani spingono con insistenza per un maggiore coinvolgimento dell’Italia nel conflitto in Libia, non solo per passare il cerino politico agli europei. L’obiettivo finale è piegare il colonnello Gheddafi e far sbarcare una forza di interposizione in Libia, con ampia partecipazione italiana. Un modello stile ex Yugoslavia, dove il contingente occidentale è arrivato dopo l’offensiva aerea.

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22 marzo 2011 | Panorama | intervento
Libia
Diario dalla Libia
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26 agosto 2011 | Radio Città Futura | intervento
Libia
I giornalisti italiani rapiti a Tripoli


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26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento
Libia
Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?

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